Gesù: invenzione mitica o personaggio storico?

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 di Alberto Torresani

La pubblicazione dei tre volumi dedicati dal papa Benedetto XVI a Gesù di Nazaret sono estremamente importanti perché concludono una ricerca durata due secoli, volta a cercare il fondamento di verità storica per la figura di Cristo.

1. Il punto di partenza può essere indicato nell’adozione del metodo storico-critico avvenuta nei primi anni del secolo XIX, soprattutto a Berlino, quando venne fondata la nuova università con gli statuti dettati da Wilhelm von Humboldt. Perché la storiaassumesse lo statuto di scienza occorreva sottoporre tutte le testimonianze del passato a una severa analisi critica. Perciò fu deciso che una notizia ha fondamento, e perciò si può accettare come vera, solamente se viene riferita da due fonti diverse, che non si siano influenzate reciprocamente, affermanti la stessa cosa. Se poi una delle fonti è di natura archeologica essa acquista particolare valore, perché si tratta di autopsia, ossia vedere coi nostri occhi come stavano le cose in passato. Lo storico Barthold Niebhur scrisse una storia di Roma che negava ogni valore di testimonianza storica ai fatti raccontati da Tito Livio e dagli altri storici delle origini. Perciò la storia di Roma con fondamento scientifico iniziava solamente al tempo di Appio Claudio Cieco, perché esisteva la via Appia con le sue epigrafi e testimonianze di storici greci che permettevano di stabilire le varie concordanze circa le date: siamo intorno all’anno 300 a.C. Tutto ciò che precedeva si doveva considerareleggenda epica con lo stesso valore dei poemi di Omero. Col passare del tempo la ipercritica di Niebhur fu superata. Alla fine del Settecento fu trovata una epigrafe sul sepolcro di Scipione Barbato scritta in un latino arcaico di straordinaria importanza per la storia della lingua. Poi ci furono gli scavi delle tombe etrusche che davano un fondamento alla presenza di re etruschi che nel VI secolo a.C. avevano collegato i sette colli mediante la bonifica del bassopiano dove ora si trova il Foro romano, mediante un canale di gronda che terminava in un canale scolmatore, la cloaca massima, ancora in funzione. Gli scavi sul Palatino, ancora più recenti, confermano che la data tradizionale della fondazione di Roma non è stata scelta a caso e che certamente ci fu un periodo dei re, seguito da una reazione aristocratica, a sua volta seguita da lotte tra patrizi e plebei da non interpretare come lotte tra ricchi e poveri, bensì tra coloro che per diritto sedevano nel senato e coloro che ne erano esclusi, ma potevano essere così ricchi da riuscire ad entrarvi. Verso il 300 a.C. era avvenuta l’equiparazione giuridica tra patrizi e plebei, le leggi erano scritte, i matrimoni tra i due ordini erano legittimi ed era consentito ai plebei anche l’accesso alle cariche sacerdotali.

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2. La nuova concezione della storia applicata ai documenti religiosi ebbe per effetto di negare ogni valore di testimonianza storica alle notizie fornite dalla Bibbia che perciò non si dovevano accogliere in ambito scientifico. Un tempo la storia dell’umanità veniva fatta iniziare da Adamo ed Eva, dichiarati ora “miti” dal momento che non esistono documenti circa la loro esistenza storica al di fuori della Bibbia. L’inizio della storia andava cercato negli scavi che portavano alla luce le tombe preistoriche, nelle grotte che rivelavano pitture rupestri o graffiti. Quando nel 1807 la flotta inglese bombardò Copenhagen, i reperti del museo locale furono trasferiti in cantina. Poi furono riportati ai piani, ma con un nuovo ordinamento scelto nel frattempo. Tutti i reperti scheggiati più rozzamente furono collocati nella prima sala, poi quelli più accurati in una seconda. In una terza sala furono riuniti i primi oggetti in rame e bronzo, infine quelli di ferro. Così si cominciò a parlare di paleolitico, di neolitico, di eneolitico ovvero età del bronzo e poi di età del ferro, determinando sempre con maggiore precisione la data più probabile.

3. Sul piano filosofico, in quegli anni si assistette al trionfo della filosofia di Hegel, ossia di uno storicismo assoluto di cui fu enunciata la logica, basata sul conflitto tra tesi e antitesi ossia tra chi è al potere e a chi aspira a scalzarlo per impadronirsi della facoltà di dominare gli altri uomini. Hegel ricorse all’immagine del servo-padrone immaginando il divenire storico a partire dalla prima età umana definita ferina, di competizione per il territorio di caccia. Seguì una società in cui il lavoro cominciò a specializzarsi: da una parte i soldati e dall’altra i pastori, ossia la categoria dei vinti, che accudivano al gregge. I soldati concedevano la vita ai vinti purché si dischiarassero schiavi. Con l’agricoltura stabile comparvero le abitazioni permanenti e le città con la specializzazione in mercanti, sacerdoti, scribi, giudici, soldati. Dalle città si fece il balzo agli imperi “estesi sulle quattro parti del mondo” quando si rese necessario il controllo di tutto il territorio che circondava il bacino di un grande fiume di cui occorreva regolare le piene. Seguirono le lotte tra imperi diversi con piccoli popoli resi schiavi. La storia non era determinata dalle religioni, ma dalla dialettica dell’economia, dagli sviluppi della tecnologia, dalle scoperte scientifiche. Non a caso la storia del XIX secolo è dominata dal positivismo della borghesia che fa iniziare la modernità con la rivoluzione francese: essa ha sconvolto l’immobilismo dell’antico regime, procurando la ricchezza nei paesi più avanzati, subito impiegata per gli scavi archeologici in Egitto e nel Vicino Oriente.

4. L’archeologia ha celebrato trionfi clamorosi iniziati con la scoperta della stele di Rosetta, trovata dai francesi in Egitto e catturata dagli inglesi che, bontà loro, fornirono alla Francia un calco in gesso. Champollion giunse alla decifrazione della scrittura egiziana verso il 1822 e da allora si cominciò a leggere e a tradurre la letteratura egiziana. Poco dopo fu la volta delle lingue e letterature mesopotamiche, ivi compresa la lingua e la letteratura sumera, una lingua scritta in caratteri cuneiformi senza essere una lingua semitica. Verso il 1875 furono letti i poemi di Gilgamesh, trovati molto più antichi dei libri della Bibbia. Anzi si constatò che erano stati tradotti in varie lingue mesopotamiche e che perciò ebbero grande circolazione e perciò grande influenza nell’immaginario collettivo della regione. Al loro interno figurava una storia simile a quella di Noè e in conseguenza, nell’entusiasmo della ricerca, la Bibbia fu accusata di essere un centone di miti egiziani e mesopotamici più o meno abilmente cuciti insieme dal piccolo popolo ebreo che non lasciò nient’altro oltre i suoi libri, mentre Egitto e Mesopotamia avevano dato vita a civiltà artistiche grandiose che riempivano i musei dei loro manufatti.

5. Anche i libri del Nuovo Testamento subirono un trattamento simile a quello riservato ai libri dell’Antico Testamento. Il Vangelo di Giovanni presenta all’inizio una dottrina del Logos, ma si obiettò che prima del III secolo, ossia prima di Plotino, tale dottrina non era conosciuta. Perciò il Vangelo di Giovanni non sarebbe stato composto prima del III secolo. Tutta la storia della Chiesa dei primi due secoli, perciò, sarebbe stata leggenda. Tuttavia l’archeologia continuava a rivelare i suoi tesori. Nelle discariche egiziane furono rinvenuti papiri datati all’inizio del II secolo e riportanti brani molto estesi del Vangelo di Giovanni e di altri libri attestanti la presenza di cristiani anche in località non citate dai Vangeli. Si sosteneva che le metafore impiegate da Cristo non potevano essere diffuse nel I secolo, poi, a partire dal 1947 si scoprirono i Manoscritti di Qumran che attestano in seno al giudaismo precisamente quel linguaggio metaforico che perciò non era impiegato solamente da Cristo, ma anche dai suoi interlocutori. Le pagine del Vangelo acquistavano sempre maggiore autorevolezza perché ritenute autentiche, ossia non frutto dell’invenzione di un geniale artista, bensì il ricordo di qualcosa effettivamente avvenuto. Ormai si ammetteva che il Cristo della fede doveva avere un fondamento in un Cristo della storia, ma si negava che fosse possibile far discendere il Cristo della fede da un personaggio davvero esistito ossia un Cristo storico, soprattutto perché si sarebbe dovuto ammettere la sua resurrezione da morte, cosa che alla mentalità positivista appariva impossibile. Tuttavia la finezza delle indagini condusse a scorgere nei testi del Nuovo Testamento una complessità sempre maggiore. Non erano semplici documenti che riferissero fatti. Erano frutto di una limatura determinata dal loro impiego kerugmatico ossia legato alla predicazione, con raggruppamento degli argomenti secondo una visione sistematica, ossia senza l’autenticità della testimonianza diretta. Ma poi anche in questo caso ci furono osservazioni sempre più attente al testo: nell’episodio della tempesta sedata si dice che Gesù dormiva a poppa della barca “su un cuscino” un particolare del tutto inutile all’economia del racconto, frutto di un ricordo personale, come l’indicazione “dell’ora decima” fatta da Giovanni e Andrea quando andarono a casa di Gesù per la prima volta: anche in questo caso si tratta di una indicazione inutile per l’economia del discorso, ma molto significativa per chi ha avuto un’esperienza che gli ha cambiato la vita. Da ultimo, compaiono nei Vangeli parole definite ipsissima verba Christiossia parole riferite alla lettera che, se fossero state inventate, farebbero degli autori del Nuovo Testamento i più grandi scrittori mai esistiti, davvero capaci di creare parole di vita eterna che non hanno paragone. Nessuno storico oggi afferma che Cristo non è un personaggio davvero esistito, frutto della fantasia esagitata di un gruppo di fanatici dissidenti dall’ebraismo che avrebbero avuto una fortuna mondiale durata fino ad oggi. Certamente sono ancora molti coloro che non ammettono esser Cristo vero Figlio di Dio, morto e risorto il terzo giorno, della stessa sostanza del Padre con tutte le conseguenze.

6. Il merito maggiore di papa Benedetto XVI è d’avere concluso il cammino compiuto dalla più raffinata esegesi e critica storica nel corso di due secoli fino alla redazione dei tre volumi accennati. Essi sono stati firmati sia col nome di Joseph Ratzinger, sia col nome da papa Benedetto XVI, lasciando liberi gli studiosi di confutare o migliorare le conclusioni del suo studio. Grande risalto ha avuto l’elogio del papa che ha ricordato Jakob Neusner, un rabbino americano che a suo tempo scrisse un interessante volume: Un rabbino in dialogo con Gesù Cristo. Neusner è il maggiore esperto della letteratura ebraica dal III al VI secolo; nel suo libro confronta l’insegnamento di Cristo come compare nel Vangelo di Matteo, l’unico che gli ebrei prendono in considerazione, perché si tratta di un testo condotto secondo le loro convenzioni di studio. La conclusione è che Cristo ha impiegato un linguaggio del tutto analogo a quello dei grandi rabbini del primo secolo come Hillel o Gamaliel. Dunque Cristo è un maestro attendibile, non un avventuriero. Neusner perciò deve spiegare perché Cristo è stato rifiutato dagli ebrei di allora e da quelli di oggi.

7. Egli indica un testo in cui compare Gesù circondato da una grande folla. Gli annunciano che sua madre e i suoi fratelli sono giunti alla porta. Gesù si guarda intorno e dice: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli? Sono coloro che fanno la volontà del Padre mio». Neusner, giunto a questo punto, dichiara di non accettare l’insegnamento di Cristo e di rifarsi a quello di Mosé che ordina di mettere al primo posto la propria famiglia e il proprio popolo. Tuttavia Neusner, quando dichiara di voler rimanere unito all’Israele eterno e di rifiutare l’insegnamento di Cristo, forse non si rende conto di respingere il suo insegnamento più elevato, ossia l’allargamento a tutti i popoli della terra della predilezione che Dio aveva dimostrato per il popolo ebraico. In qualche modo questa tale predilezione era necessaria per mantenere viva e operante la promessa di redenzione che doveva estendersi a tutti i popoli e a tutti gli uomini della terra. Appare curioso che gli ebrei rifiutino l’insegnamento del più grande tra gli ebrei, così grande da meritare di essere riconosciuto come vero Figlio di Dio.

Relazione dal ciclo di incontri-dialogo organizzato da Marzio Bonferroni

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