«Cari imprenditori non innamoratevi del piano, ma dell’obiettivo»
Intervista ad Antonella Zucchella, professore ordinario di Economia e gestione delle imprese e titolare dei corsi di Marketing e di International Entrepreneruship presso l’Università di Pavia
di Edoardo Varini
Portare il capitale privato alla piccola impresa e alle startup. Fare in modo che manager, dirigenti e professionisti possano investire capitali propri e proprie competenze per diventare soci di aziende che necessitano di liquidità e professionalità per crescere. Questa la mission di BacktoWork24, portale del Gruppo Sole24 Ore che sta riscuotendo un crescente successo. Che cosa pensa di questa idea?
Una idea eccellente e innovativa. Un modo intelligente per risolvere la attuale strozzatura tra domanda e offerta di risorse finanziarie e competenze. I capitali ci sono e cercano opportunità di investimento redditizie, le piccole imprese hanno bisogno di risorse per cogliere le opportunità della ripresa e investire nella crescita e nell’innovazione. Occorre così pensare a modi nuovi per far incontrare domanda e offerta, non solo di capitali ma di conoscenza. Per chi investe è così possibile monitorare il proprio investimento ed anzi influire direttamente sul suo andamento, tramite l’apporto di competenze.
Nel tempo BacktoWork24 è divenuto anche un vettore di soluzioni di finanziamento alternative quali la quotazione nel segmento AIM di Borsa Italiana. Qual è la sua opinione riguardo all’accesso in Borsa di piccole e medie aziende? Quali le criticità, quali i punti di forza?
Incontro molte PMI che non considerano la quotazione come un possibile percorso di crescita. Accanto ad una ancora diffusa resistenza al “going public”, non mancano perplessità verso l’aumento del grado di burocratizzazione dell’organizzazione. Nelle imprese che ho di recente intervistato il timore dell’irrigidimento dei processi decisionali e gestionali sta superando il tradizionale timore della “perdita di controllo”. Questi timori non sono necessariamente motivati, ma il nostro sistema produttivo ha sviluppato potenti meccanismi di diffidenza verso un possibile eccesso di norme, regolamenti e sovrastrutture amministrative varie. Credo che il segmento AIM abbia un potenziale di crescita ancora da esplorare e la attuale fase economica potrebbe spingere un numero maggiore di imprese in queste direzione. È diffusa la necessità di investire per la competitività e la ripresa, le aziende possono trovare in AIM una risposta adeguata, ma occorre spiegare loro perché non temere e come prepararsi al meglio a questo contesto.
Quali sono le principali differenze tra il venture capital italiano e quello statunitense? Perché da noi diventa quasi inusuale una forma di finanziamento e di crescita aziendale e dunque del Paese che invece Oltreoceano riscuote da decenni uno straordinario successo? Incide forse la capacità di valutare le aziende. Se sì, quale sarebbe la modalità migliore?
Il nostro sistema di venture capital è parte di un eco-sistema imprenditoriale e finanziario molto diverso da quello USA. Dunque, nessuna sorpresa se il venture capital qui gode di scarso sviluppo. Nella risposta precedente ho indicato un modello italiano di fare impresa, che in diversi casi non pone la crescita dimensionale tra gli obiettivi prioritari. Nemmeno l’exit dei fondatori è comune nell’imprenditoria nostrana, a meno che non sia dettata dalla necessità. Insomma, gli obiettivi classici dei venture capitalist non collimano con quelli di larga pare delle piccole imprese italiane. Siamo in presenza di modelli imprenditoriali molto differenti, anche se abbiamo un numero crescente di start up che sono portatrici di un modello diverso. Ci possono poi essere difficoltà nel valutare le aziende, soprattutto start up con di idee e modelli di business innovativi. In questi casi possiamo imparare molto dalla prassi dei venture capitalist USA.
Lei insegna gestione delle imprese nell’Ateneo pavese. Che consiglio si sente di dare ai manager che si accingono a fare impresa per la prima volta, quali le insidie da evitare e quali le prime due indicazioni da seguire?
Le tecniche manageriali aiutano a districarsi nella complessità della gestione aziendale, soprattutto quando si è nuovi del mestiere. Non possono però dare risposte a tutte le domande ed occorre in ogni caso saperle usare con intelligenza e creatività, avendo bene in mente quale è il contesto organizzativo interno e l’ambiente esterno di riferimento dell’impresa. Ai miei corsi di imprenditorialità consiglio: a) abbiate sempre ben presente dove volete arrivare, e state pronti a modificare la roadmap quando necessario. Cioè, non innamoratevi del piano, ma solo dell’obiettivo. b) Pensate bene al modello di business che volete realizzare. Non sarà una generica strategia a portarvi alla meta, ma un modello di business sostenibile e possibilmente innovativo.