Massimo Siano, Head of Italian Market do ETF Securities
Quali materie prime hanno registrato l’impatto maggiore dall’attività delle banche centrali?
La Banca Centrale Europea, la Banca d’Inghilterra, la Banca del Giappone, la Reserve Bank of Australia e La Bank of China hanno avuto la scorsa settimana incontri focalizzati sulla politica monetaria. Sebbene nessuna di queste banche centrali abbia dichiarato prossime variazioni nei tassi di interesse o negli acquisti di asset, la totalità delle indicazioni raccolte va in una sola direzione. Quella della solita politica monetaria accomodante che continuerà come prima o diventerà ancor più aggressiva.
Nel frattempo, il fatto che i dati dagli Stati Uniti siano stati estremamente positivi con un miglioramento sostanziale sui “Non Farm Payroll” – ovvero gli stipendi di ogni settore tranne quello agricolo – (236mila unità rispetto alle 156mila previste) ha rafforzato il dollaro USA. Oro, argento e platino prezzati in dollari, hanno perso ancora una volta terreno dopo l’annuncio sui dati occupazionali
Gli investitori hanno forse già completamente scontato la possibilità di avere un minor alleggerimento dalla Federal Reserve grazie al recente calo del tasso di disoccupazione al 7,7%, il quarto anno di ribassi. La paralisi politica però rimane il freno principale a liberare un concreto ottimismo sulla ripresa degli Stati Uniti.
Quindi, maggiore attenzione sulle materie prime cicliche come i combustibili fossili?
La “ricerca di occasioni” guida gli investimenti negli Exchange Traded Commodity (ETC) a replica diretta sul petrolio WTI, i più ingenti nelle ultime 12 settimane totalizzando 11 milioni di dollari USA di flussi. Grazie al miglioramento dei “Non Farm Payroll” è più ottimista anche l’outlook sulla domanda di carburante, nonostante l’alto livello di scorte immagazzinate nei serbatoi di Cushing in Oklahoma. Allo stesso tempo la presa di profitto, ha spinto 13 milioni di dollari di deflussi dagli ETC sul gas naturale la scorsa settimana. Rarità negli ultimi anni, i suoi prezzi sono schizzati ad un picco trimestrale a causa della neve massiccia che ha paralizzato gli Stati Uniti.
L’oro invece continua ad essere sottotono?
L’oro ha visto la quinta settimana consecutiva di deflussi pari a 150 milioni di dollari. La scorsa settimana il metallo giallo è stato scambiato in un range stretto, tra 1.565 e 1.585 dollari l’oncia dato che un dollaro USA più forte ha pesato sulle sue performance. Nonostante l’esodo in corso dagli ETP su oro, la domanda fisica dal settore ufficiale continua ad essere sostenuta grazie all’attività delle banche centrali dalla Korea del Sud alla Russia che stanno incrementando i loro titoli sul metallo giallo. Interessante notare ancora una volta come appena si abbassa il metallo giallo, ci sono le banche centrali dei paesi emergenti pronte all’acquisto. Non è la prima volta che accade, sembra invece essere la consuetudine negli ultimi 6 anni.