Sono in corso le Olimpiadi di Londra, a prima sensazione con buon successo di pubblico e di partecipazione. La partecipazione italiana, partita con il botto della prima giornata, medaglie tipo slot-machine nel fioretto e nel tiro con l’arco, si è un po’ affievolita con il passare delle giornate.
Qualche considerazione: le Olimpiadi sono lo specchio dell’Italia: noi vinciamo negli sport individuali, negli sport poveri, in quelli che non sappiamo nemmeno che esistano (quanti saprebbero rispondere a cosa è la fossa olimpica?), mentre siamo in netta difficoltà, in questa edizione più che nelle precedenti, negli sport di squadra. Nella pallavolo il dream team corre il rischio di trasformarsi in nightmare team, mentre i più estroversi di quel team ora li troviamo a fare i commentatori per mamma Rai.
A proposito di commentatori Rai: quante edizioni delle future Olimpiadi dovremo aspettare prima che imparino a commentare gli eventi che noi vediamo sullo schermo, senza lasciarsi andare a reminiscenze storiche, spesso sbagliate, infarcite di italico volemose bene, cercando di risalire a quelle edizioni in cui si interrompevano le guerre in occasione della celebrazione dei giochi olimpici?
Sempre sullo stesso soggetto, possiamo chiedere ai commentatori Rai di non lanciarsi in patriottiche previsioni sull’andamento della gara dei nostri partecipanti? Ho potuto constatare personalmente che ogni volta in cui hanno emesso una previsione, essa si è puntualmente non avverata. Forse qualcuno dovrebbe raccontare loro che esistono precise leggi, note come Leggi di Murphy, o meglio leggi della sfiga, circa gli avvenimenti negativi nella vita, e anche nello sport, e anche applicabili ai nostri atleti.
Consola molto vedere che i nostri medagliati cantano a squarciagola l’inno di Mameli, lasciando sempre un po’ stupiti i secondi e i terzi sulla stessa pedana della premiazione; malgrado le polemiche, spesso sterili proprio perché polemiche, notiamo che viene ricevuta con piacere l’immancabile telefonata del Presidente della Repubblica ai premiati.
Ci dispiace dover prendere atto di essere stati colpiti da un caso di doping e vedere che si è subito messa in moto la macchina degli opinion maker per trovare giustificazioni all’accaduto.
Ebbene, giustificazioni non ce ne sono.
Ci dispiace che, oltre al resto, venga appannata l’immagine di una delle più belle coppie dello sport: giovani, belli, vincenti, una volta di più in sport non di squadra, provenienti da una delle regioni italiane meglio gestite.
L’ultima osservazione di queste note, magari un po’ negative, su questa trentesima edizione dell’Olimpiade moderna: ieri nella prova agli anelli, ginnastica artistica, si è guadagnata la medaglia di bronzo il nostro Matteo Morandi, contemporaneo di Juri Chechi. Ma questa non è, a mio giudizio, la notizia importante, a parte l’ovvia soddisfazione per la buona prestazione del nostro portacolori: la notizia è che in settima posizione, nella stessa gara, si è piazzato Jordan Jovtchev, bulgaro, 39 anni, alla sua sesta olimpiade, e…presidente della federazione bulgara di ginnastica!
Saluto e ringrazio per la pazienza.
Sandro Giangrandi
p.s. quando Berruti vinse la medaglia d’oro nei 200 metri alle Olimpiadi di Roma del 1960, io c’ero.