Che Mariomonti non sia Lohengrin?

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Che Mariomonti non sia Lohengrin?

Uno degli uomini più pettinati del mondo, Ferruccio De Bortoli, inzia la cronaca delle dimissioni di Mariomonti con i toni che in altre epoche, altri uomini, riservarono al deflagrare della guerra. De Bortoli: «Questa è la cronaca di ore drammatiche nella vita del Paese che mai avremmo voluto scrivere». Churchill, Camera dei Comuni, 13 maggio 1940 – appena dopo la fuga da Dunkerque: 338.000 soldati evacuati e la perdita dell’intero equipaggiamento militare dell’esercito di Sua Maestà –: «Vorrei dire alla Camera, come ho detto a coloro che hanno accettato di far parte di questo governo: “No ho altro da offrirvi che sangue, fatica, lacrima e sudore. Abbiamo di fronte a noi un cimitero dei più penosi. Abbiamo di fronte a noi molti lunghi mesi di lotta e sofferenza”».

Ma oltre alla ben diversa drammaticità della situazione una seconda differenza spicca: il grande statista britannico parla alla sua nazione, ravviva l’orgoglio del vetusto Leone d’Inghilterra; l’ossequioso giornalista italiano inizia con una prece ai grandi speculatori finanziari, perché alla fine è questo che si intende con la sterilizzata e falsamente rassicurante espressione di “comunità internazionale”.

Ci sono i buoni, i salvatori della patria, e i cattivi, capitanati dal più cattivo, il Cavalier compra tutti, il divorator di fanciulle, il Minotauro della Brianza, il funereo Trimalcione impomatato.

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Il più buono tra i buoni è Mariomonti, su cui discese pentecostale nel novembre dell’anno passato lo spirito dello spread, che da quel dì fu in suo potere alzare o abbassare con un ciglio. Difatti oggi il ciglio l’ha alzato ed eccoti che il famigerato differenziale s’è inerpicato a 360 punti (era 323 in chiusura venerdì).

Come spesso accade, le dichiarazioni di Mariomonti mi lasciano di stucco. Dice venerdì: «Ho preferito dimettermi subito, a mercati chiusi, con ventiquattro o trentasei ore di tempo per riassorbire un eventuale colpo nella speranza naturalmente che il colpo non ci sia». Ma qualcuno pensa davvero che se il colpo ha da esserci lo fermeranno i mercatini natalizi del weekend? O non è questo che l’ennesimo imbrodarsi di un uomo portato troppo a lungo e troppo ingiustificatamente in palmo di mano per rendersi conto ormai dei propri umanissimi, qualunquissimi limiti? Personalmente il ritorno del Berlusca mi pare burlesco, fantasioso, ariostesco, che a questo punto potrebbero anche dirmi che arriverà a Palazzo Chigi in ippogrifo: non per questo la sua vittoria mi parrebbe più improbabile.

E pensare che c’è qualcuno ch’è riuscito anche a parlare di novità, l’arcibollito memore domini Formigoni, che una cosa così se non ti fa ridere ti commuove, ma alle lacrime ti ci porta comunque.

E la borsa, nel Dies irae, che sarebbe poi oggi, che ha fatto? FTSE/MIB -2,20, a parte Madrid le altre borse europee in lieve rialzo. La più alta: Atene? Eh sì che i mercati guardano la solidità dell’economia!

Pare che gli investitori credano che la politica di risanamento economico italiana continuerà comunque. Pare che Mariomonti e Lohengrin non siano la stessa persona. E che sia possibile per un popolo autodeterminare il proprio destino. Devo confessare che a questo livello di indebitamento non so se sia davvero così. Quel che credo di sapere è tuttavia che la tragedia degli italiani non è iniziata con le dimissioni dell’ultimo premier, e che il loro ritorno ad un’idea di futuro percorribile non passerà per la completa restituzione di un credito.

A presto. 

Edoardo Varini

(10/12/2012)

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