Dell’indice ZEW, della Cina, di Ser Ciarlino

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Dell’indice ZEW, della Cina, di Ser Ciarlino

Si chiama Indice ZEW, che è l’acronimo di Zentrum für Europäische Wirtschaftsforschung, il nome dell’istituto che svolge l’indagine, e misura mensilmente la fiducia delle imprese relativa alla Germania, alla zona Euro e alla Svizzera. Registra la differenza tra numero di pessimisti ed ottimisti fra 350 investitori ed analisti finanziari.

Se il dato è negativo, prevalgono i pessimisti, è un brutto segnale. A settembre l’indice registrava un +6,9, ad ottobre è piombato a -3,6: il segno meno non si vedeva dal novembre 2012. È il decimo calo consecutivo. il presidente dello ZEW, Clemens Fuest, non esclude una crescita negativa in Germania nel terzo trimestre, che è poi come dire che non esclude una recessione tecnica del Paese, essendo stato negativo anche il dato del secondo trimestre (-02%).

Se la più grande economia d’Europa è sull’orlo della recessione, se la produzione industriale dell’area Euro è calata dell’1,8 sul mese precedente (il dato tedesco è addirittura -4,3%) è forse il caso che il ministro delle Finanze teutonico Wolfgang Schäuble cerchi di entrare nella storia non per aver conseguito un troppo doloroso pareggio di bilancio nel 2015 ma per avere avuto la lungimiranza di rinunciarci.

L’opposizione di democristiani e socialdemocratici alle misure annunciate dalla Bce, tra cui l’acquisto di titoli del settore privato o, probabilmente a breve, di titoli pubblici, diventa ormai pateticamente simile alla resistenza dei soldati giapponesi post bellica su un isolotto delle Filippine. Qualcuno vada a dir loro di arrendersi, qualcuno vada a dir loro che malgrado le personali ostinazioni la politica economica tedesca dovrà cambiare.

Per quanto riguarda noi, fa molto piacere leggere che sono stati siglati dai premier cinese e italiano 14 accordi che valgono 8 miliardi di euro. Quello tra Cassa Depositi e prestiti e China development bank su progetti di comune interesse vale da solo 3,8 miliardi: è la prima volta che i cinesi chiederanno consiglio estero prima di effettuare un investimento, una cosa importante.

Per le nostre PMI il mercato cinese offre prospettive ineguagliabili, saperle cogliere o meno farà la differenza per l’intera economia nazionale, certo non aiutata dalle ridicole sanzioni imposte alla Russia che servono solo a fingere di essere i guardiani del mondo quando si è soli dei lacchè degli Stati Uniti d’America.


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Gli investimenti cinesi sono cifre vere, non altrettanto mi sentirei di dire delle altre cifre tirate in ballo da ser Ciarlino l’altrieri dalla Val Seriana. «Tutti parlano dell’articolo 18, io dico che sono 18 i miliardi che taglieremo come tasse tra la legge di Stabilità per il 2014 e quella per il 2015». Fosse stato l’articolo 36 sarebbero stati 36 miliardi?

Occorre tagliare il cuneo fiscale e zac, via 6,5 miliardi per l’azzeramento della componente costo del lavoro dell’Irap. Occorre combattere il precariato ed eccoti che lo Stato si accolla per tre anni il pagamento dei contributi dei neoassunti a tempo indeterminato, prendendo la moneta chissà dove… Ah, sì, da una spending review da 16 miliardi di cui però non sono ben chiare le componenti.

Dice il sottosegretario alla presidenza Delrio in un’intervista al “Corriere”: «Una parte verrà dalla lotta all’evasione fiscale». Ma quanta parte? Non è un dettaglio. E aggiunge: «Quando facevo gli esami all’università dicevo sempre: quando uno fa bene il suo mestiere non deve temere nulla. Ecco, noi non temiamo nulla». Ma proprio questo è il problema, che questo governo ostenta il non temere nulla. Ma su che basi giudicare la bontà del proprio mestiere se non dai risultati? In bocca a uno studente la frase, nella sua ingenuità, fa sorridere, in bocca a un politico di primissimo piano fa paura.

Un fiorentino grande, Aldo Palazzeschi, una volta scrisse: «Correre incontro al pericolo è una forma della vigliaccheria». Sommessamente, lo ricordo.

A presto.

Edoardo Varini

(14/10/2014)

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