Il cielo sopra (o sotto) ogni città del mondo

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Il cielo sopra (o sotto) ogni città del mondo

In questa bigia serata di fine ottobre mi chiedevo perché abbiamo smesso di guardare il cielo, il primo passo per cercare Dio. Il cielo è in alto come in basso, perché lo si vede a occhi chiusi. È scritto nella Tabula Smaragdina, il più giustamente celebre tra gli scritti ermetici. L’autore e la datazione sono incerti. Comparve la prima volta in appendice al Kitāb Sirr al-halïqa, un manoscritto arabo tradotto in latino tra il 1140 e il 1250 con il nome di Liber de secretis naturae. Nel 1541 ne venne la prima versione stampata, nel De Alchemia di Johannes Patricius.


Inizia così: «Vero, senza menzogna, certo, assolutamente vero. Ciò che in basso è come ciò che è in alto è ciò che in alto è come ciò che è in basso, per compiere il miracolo della Cosa Una».

Potremmo rifletterci per ore ma perderemmo tempo, perché la Cosa Una non ha dicotomie, dunque nemmeno quella tra prima e dopo che chiamiamo tempo. Pertanto nemmeno possiamo perderlo, il tempo, una volta che abbiamo, soltanto una volta e di sfuggita – magari incapaci di farlo mai più, però una volta sì, accidenti – intuito che questa Cosa Una altro non è che il processo mentale inverso alla logica: la ricomposizione del disgiunto. Dante lo chiamava “intelletto d’amore”.

Una cosa è vera non meno del suo contrario e la Lingua ignota, del tutto fantasiosa, inventata di sana pianta dalla più ingioiellata tra le sante, Ildegarda di Bingen, ha nella sua indelimitabile gratuità di senso una precisione assoluta, infinitamente più di qualunque altra lingua nota. Perché il nonsenso è la cosa più sensata e salvifica. Il nonsenso è la cosa più benedetta. Ma per assenza, in negativo. Perché quando lo incontriamo ne scopriamo l’inesistenza, ed è per questo che sorridiamo. Perché forse Dio è l’impossibilità del non senso.


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Sentite Santa Teresa d’Avila che parla dell’estasi nel Libro della mia vita:

3. Durante questi rapimenti sembra che l’anima non sia più nel corpo, tanto che questo, sensibilmente, sente che gli viene a mancare il calore naturale e, a poco a poco, si raffredda, anche se con grandissima soavità e gioia. Qui non c’è alcun rimedio per resistere, mentre nell’unione, essendo noi ancora con i piedi per terra, un rimedio c’è: benché con dolore e violenza, si può quasi sempre resistere; ma qui il più delle volte non c’è via di scampo, anzi spesso, prevenendo ogni pensiero e ogni possibile cooperazione, viene un impeto tanto rapido e forte, che vedete e sentite sollevarsi questa nube e questa potente aquila prendervi sulle sue ali.

4. Dico che vi accorgete di ciò e vi sentite portare via, ma non sapete dove; sebbene tutto avvenga nella gioia, la nostra debole natura, all’inizio, ci è causa di timore, ed è pertanto necessario avere un’anima risoluta e coraggiosa – molto più che negli stati precedenti – per rischiare tutto, avvenga quel che vuole, abbandonarsi nelle mani di Dio e andare di buon grado dove ci porta, perché ci porta via, anche se ci è gravoso. E con tanta veemenza che spesso io avrei voluto resistere e lo tentavo con tutte le mie forze, specialmente certe volte, quando mi trovavo in pubblico – e molte altre, in privato – temendo di essere ingannata. Alcune volte ci riuscivo, rimanendone estremamente affranta, come resta sfinito chi lotta con un poderoso gigante; altre era impossibile perché se ne andava via l’anima, e per lo più la testa la seguiva, senza che io la potessi trattenere, e a volte anche il corpo giungeva a sollevarsi.


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Due volte ho veduto rappresentare l’estasi con «verità, senza menzogna». Una è nel volto della Santa Teresa del Bernini in Santa Maria della Vittoria in Roma, l’altra è nel volto di Nastassja Kinski in Così lontano, così vicino. Che nel film è un angelo, Raphaela, e prova l’estasi guardando in basso. Esattamente come è scritto nella Tabula.

A presto. 

Edoardo Varini

(27/10/2012)


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