Il Reddito di inclusione: ma nel bisogno
Sono in tanti, sono in troppi, a starnazzare che finalmente il nostro governo ha adottato una misura strutturale contro la povertà: il REI, o Reddito di Inclusione. Forse non siamo al nominalismo, perché due euro entreranno nelle tasche non dei bisognosi ma dei nullatenenti, ma sono giusto due, sono quel tanto che basta per fare propaganda e tentare di coprire prima delle elezioni il più grave e taciuto scandalo del nostro Paese: l’indifferenza dello Stato verso l’impossibilità di vivere di milioni di suoi cittadini, stavo per scrivere sudditi, e se lo avessi fatto, non avrei sbagliato.
La preoccupazione più grande, per il legislatore, pare essere quella di evitare che tale “reddito di inclusione” si trasformi in un disincentivo alla ricerca del lavoro e questo la dice lunga sulla considerazione in cui siamo tenuti da nostri governanti. Che non si vergognano, e invece dovrebbero, di due cose: fingere che un sostegno familiare mensile da 187,5 euro (un componente) a 485,4 (cinque componenti) possa far fronte al reale fabbisogno e postulare che noi siamo un popolo di lazzaroni che non vedono l’ora di farsi mantenere.
La massa, capite? Questa è l’idea. Il popolo bue che vuol pascere l’erba scansando le fatiche più delle disgrazie, e meno male che ci sono loro, i governanti, ad insegnarci etica del lavoro e buona volontà.
Vorrei che per un attimo vi soffermaste a riflettere. Non solo la cifra erogata è risibile, è profondamente offensiva, completamente incongrua, ma si teme – o peggio, si finge di temere –che la carità di quattro monete d’oro di Bologna sottragga ai poveracci financo l’idea di un futuro migliore per sé e per le proprie famiglie. Ditemi, secondo voi sono pazzi, sfottono o fanno sul serio?
In ogni caso è desolante. Oggi c’è una pletora di commentatori e sedicenti esperti che irride l’idea di un reddito di cittadinanza: dal momento che non ci sono le risorse è inutile parlarne, ed inoltre è anche diseducativo.
Fatemi capire: è inutile parlare di milioni di persone, di nostri concittadini, private di una vita sociale e civile dallo spettro medievale della povertà? Ma ditemi: perché costoro dovrebbero rispettare un Stato che li condanna alla miseria, all’umiliazione e alla morte? Forse va chiarito un aspetto. Il patto sociale su cui si fonda la pace sociale esige che l’autorità statuale garantisca una vita serena e dignitosa.
Se viene a mancare questo presupposto perché mai gli esclusi dovrebbero accettare la legalità? Attenzione politicanti e burocrati, boiardi e privilegiati di ogni risma: se volete continuare a spassarvela abbiate l’accortezza di porvi questa semplice domanda: «Ma tutti i cittadini ce la fanno?». Se la risposta è no, iniziate ad avere un po’ meno baldanza e ancor meno strafottenza.
«Se invocano l’esecuzione letterale delle massime costituzionali, è solo per violarle impunemente». Chi vi viene in mente? Sono parole di Robespierre.
A presto.
Edoardo Varini
(01/12/2017)