Il Signore delle mosche ora spinge le ragazzine dal balcone
La vita reale, non esiste più. Le azioni dettate dalla coscienza, vanno progressivamente scomparendo. Sostituite da azioni nate dalla coscienza collettiva, che non è più coscienza. La parola che va oggi più di moda è “social”, che vuol dire “sociale”, ma anche “gregario”. Chi è social è anche gregario. Provate a rifletterci, tutti voi che vi dannate per una manciata di “Mi piace” su FB. State cercando un consenso che puntelli la vostra traballante identità. E la vostra identità è la vostra coscienza.
Il primo antropologo che studiò la società contemporanea era francese e si chiamava Gustave Le Bon, il suo libro più importante si intitola: La psicologia delle folle. Descrive la massa che agisce in maniera uniforme. Succede quando cede l’argine dell’individualità, l’unica possibilità di morale in questo mondo.
Le Bon diceva che: «La moltitudine è sempre pronta ad ascoltare l’uomo forte che sa imporsi a lei. Gli uomini riuniti in una folla perdono tutta la loro forza di volontà e si rimettono alla persona che possiede la qualità che ad essi manca».
Ma è una sciocchezza. Si rimettono al più stupido. I capipopolo non sono i più forti, sono i più stupidi. Lo dimostrò con un esperimento condotto nella prigione di Stanford nel 1971 il prof. Philip Zimbardo.
Che pure partiva dalla tesi di Le Bon della “deindividuazione”: gli appartenenti a un gruppo coeso tendono a perdere identità personale, consapevolezza, senso di responsabilità. Tendono a perdere coscienza. Non voglio scomodare la religione, atteniamoci pure alla psicologia, per la quale la “coscienza” è per prima cosa l’autoconsapevolezza dell’individuo. Il percepirsi come soggetto pensante. Poi è anche l’interazione con l’ambiente. Ma in primo luogo è quella cosa lì: sapere chi sono. Manifestare coerenza verso la mia identità.
L’esperimento iniziò con un annuncio che suonava all’incirca così: «Chi vuol venire a giocare a guardie e ladri?». Dei 75 che risposero ne vennero scelti 24, i più equilibrati. Alcuni finirono casualmente tra i carcerati, altri si trovarono in mano un manganello e una divisa.
Le guardie divennero in pochi giorni sadiche e i prigionieri schiavi. In poche ore. Il gruppo aveva fatto di ciascuno un essere agente senza autonomia relazionale con l’ambiente. E il gruppo non seguiva il più forte, seguiva il più stupido. Le Bon si sbagliava: il gruppo non segue chi ha le qualità negli altri membri mancanti, ma chi ti fa dimenticare che esistono quelle qualità. La bestia.
Ragazzini americani prendono a pugni in faccia i passanti per stenderli al primo colpo e filmare l’impresa. Lo chiamano “knock out game”. È notizia di ieri.
Adolescenti si gettano dai balconi per gli insulti ricevuti dai cyberbulli, che non sono persone quando malignano, sono un po’ di elettronica e gregarismo. Sono legionem, moltitudini, anche se sono uno.
«Spero che uno di questi giorni taglierai la vena importantissima che c’è sul braccio e morirai». Cose così, per 1148 volte, su Ask.fm, un social frequentato da decine di milioni di ragazzini che consente l’anonimato. Sembra normale. Come se in un’aula scolastica fosse lecito ai ragazzi entrare con un cappuccio e vomitare il peggio.
E Nadia non ce la fa più a sentire questo peggio e si butta dall’ultimo piano di un ex albergo di Cittadella. È notizia di un mese fa.
Aurora si è gettata invece nella notte tra domenica e lunedì, dal sesto piano del condominio di Venaria in cui abitava. «Ucciditi», le scrivevano: lo ha fatto.
Come sia consentito a un social di ospitare insulti e istigazioni al suicidio e qualunque altra vergogna espressa in forma di anonimato è qualcosa che dovrebbe far riflettere sulla totale inadeguatezza della tutela dei più elementari diritti della persona su Internet.
Il valore da tutelare non è più la persona ma la sua privacy. La persona la puoi anche ammazzare. I ragazzini li puoi anche ammazzare. I bambini li puoi anche ammazzare.
Anzi, ancor peggio, li puoi fare ammazzare tra loro.
“Il signore delle mosche” è qui, e spinge le ragazzine dal balcone. E noi non facciamo niente. Io non so se esista o meno l’Inferno ma so che dovrebbe esistere, per metterci noi, padri, madri, adulti tutti che non facciamo niente. E stiamo a guardare i nostri figli cadere.
Perché tanto il male non esiste, vero? E la nostra distrazione che cos’è?
A presto.
Edoardo Varini
(17/04/2014)