#italiacolsegnopiù: una manovra espansiva, ma tanto, fondata su un Pil che non c’è

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#italiacolsegnopiù: una manovra espansiva, ma tanto, fondata su un Pil che non c’è

Le Legge di stabilità 2016 è stata varata ieri dal Consiglio dei ministri e subito trasmessa al Parlamento ed alla Commissione Europea. Una manovra da  26,5 miliardi, di cui 14,6 in deficit e che varrà in larga parte (17 miliardi) a disinnescare le clausole di salvaguardia ereditate dal passato. In realtà per disinnescarle tutte servirà il benestare della Commissione europea, servirà che ci venga accordata la clausola emergenza-migranti, che di miliardi ne vale 3. Grande immaginazione, visibile impegno, ma le falle nella barca dell’Italia debitrice sono davvero tante.

Se sommiamo le clausole di salvaguardia del biennio a venire superiamo i 54 miliardi di euro. Il tutto reggerà se il Pil del 2016 arriverà ad almeno un punto percentuale ed invece i recenti dati Istat indicano che lo spettro della deflazione ha ancora i denti ben poggiati sul collo della scapigliata e piangente Italia dei codici danteschi, «di dolore ostello» o più icasticamente ancora, sulla collottola della Meditazione sulla storia d’Italia dell’Hayez.

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La renziana «straordinaria sfida» potrà essere vinta con: la cancellazione della tassa sulla prima casa, il taglio dell’Ires al 24% (Unione Europea assenziente), l’ammortamento del 140% sui nuovi macchinari, la decontribuzione delle assunzioni, l’estensione della no-tax area per i pensionati, il part time per gli over 63, il “nuovo regime fiscale agevolato per autonomi” – ovviamente con la carrettata di distinguo che lo renderà adottabile da chi mai ha lavorato o lo ha fatto guadagnando poco e niente –, la detassazione del premio di produttività, l’aliquota agevolata sui giornali digitali, i bonus per i lavori in casa e (come non sorridere?) l’introduzione del canone Rai in bolletta elettrica che prima metà degli italiani non pagava (chissà perché?) ed ora invece forzosamente – pena restare al buio – pagherà?

Ma della spending che avrebbe dovuto essere di 10 miliardi (vedi il Def di aprile) ed è di 5,8 che è diremo?

E poi, la strafottente baldanza del fiorentin prodigio verso l’Unione Europea che invita a spostare la tassazione dal lavoro a capitali e immobili è proprio da prendere così alla leggera, anche alla luce della restituzione al mittente della legge di bilancio spagnola?

E, soprattutto, ma non è proprio questa la ricetta per tentare quel qualcosa a mezzo tra l’azzardato, il molto azzardato e l’intentabile del raggiungimento dell’agognato +1% di Pil che renderebbe la renziana «straordinaria sfida» forse possibile?

A presto.

Edoardo Varini

(16, ottobre, 2015)

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