La notte dei vicepresidenti USA: una notte italiana

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La notte dei vicepresidenti USA: una notte italiana

Nella notte del confronto preelettorale tra i vicepresidenti l’ha spuntata il repubblicano Mike Pence, 57enne governatore dell’Indiana: 48% di gradimento contro il 42% del democratico Tim Kaine, governatore della Virginia, questo almeno secondo un sondaggio della Cnn, e si sa che i sondaggi che non passano al banco di prova della realtà diventano immediatamente la realtà stessa.

Come l’ha spuntata il buon vecchio Mike? Lamentandosi dell’aumento della spesa pubblica ed auspicando un ulteriore taglio delle tasse.

Ora, che la maggioranza degli spettatori del confronto di ieri sera auspichi qualcosa che è in favore dei ricchi mi pare alquanto strano, ma si vede che l’aria che tira è ormai definitivamente reazionaria, altrimenti un personaggio come Trump non avrebbe avuto la metà della metà del credito di cui oggi gode.

Il democratico Tim sul ring ha messo a segno due ganci: il primo al rivale – quando ha detto: «Dopo l’11 settembre la senatrice Hillary Clinton andò a Washington a cercare fondi per ricostruire Ground Zero. Intanto Donald Trump stava combattendo un’altra battaglia, per non dare neanche un dollaro alla collettività», – e l’altro a se stesso, asserendo da che da cattolico gli è costato moltissimo ordinare delle esecuzioni capitali, però l’ha fatto. Se uno deroga da questi principi, figuriamoci sugli altri…

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Ma si sa, le moderne democrazie mediatiche non richiedono coerenza, e la fede religiosa diventa come un paio di scarpe. Se ti trovi nell’occasione sbagliata con quelle che indossi, le cambi.

Pence invece è cristiano evangelico, una vera star degli ultra conservatori tea party, e non si trova vicepresidente di Trump per meriti politici, ma per essere assai prossimo ai maggiori finanziatori delle campagne elettorali repubblicane, i fratelli David e Charles Koch. Nell’aprile di quest’anno disse che sarebbe stato orgoglioso di votare Ted Cruz.

Libertà di pensiero? Fino a un certo punto. Che cosa pensereste di uno che ha promosso una legge per impedire l’ingresso degli omosessuali negli esercizi commerciali di proprietà di individui dalla fede particolarmente zelante?

Il “New York Times” questa mattina titola: «Kaine and Pence forced to play defense», che sta per «costretti a giocare in difesa». È così quando non si hanno idee. È sempre così.

«Donald Trump is a businessman, not a career politician», questa pare essere secondo Pence la maggior qualità del suo presidente. L’abbiamo già sentita noi italiani questa roba, o sbaglio?

Ci ha portati lontano?

Povera America, poveri noi.

A presto. 

(5/10/2016)

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