L’attesa di Bersani, la bestia nella giungla

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L’attesa di Bersani, la bestia nella giungla

Dalla lettera aperta a “Repubblica” di Pier Luigi Bersani: «Ci vuole un governo, certamente. Ma un governo che possa agire univocamente, che possa rischiare qualcosa, che possa farsi percepire nella dimensione reale, nella vita comune dei cittadini. Non un governo che viva di equilibrismi, di precarie composizioni di forze contrastanti, di un cabotaggio giocato solo nel circuito politico-mediatico. In questo caso, predisporremmo solo il calendario di giorni peggiori».

Non ha capito. Ancora. Non ha capito che il timore dei giorni peggiori è il principale presupposto degli stessi. Ricordo un racconto di Henry James, dal titolo tradotto a volte come La bestia nella giungla a volte come La tigre nella giungla. Ma la traduzione corretta è la prima, perché il titolo originale è The Beast in the Jungle, e perché la bestia di cui si parla è fatta di ignoto, è fatta di timore dell’ignoto. Meglio essere dunque imprecisi sin dal titolo.

La trama: il protagonista, John Marcher, non sposa una donna che dice di amare, May Bartram, perché ritiene di doverla preservare da qualcosa «che lo attendeva, alle curve e agli incroci lungo il cammino dei mesi e degli anni, come una bestia feroce in agguato nella giungla». La donna gli premorrà e lui si recherà sulla sua tomba. E lì capirà, vedendo un altro uomo autenticamente affranto davanti alla tomba della propria donna autenticamente amata, che la tigre che avrebbe dovuto sbranarlo era giunta davvero, e l’aveva dilaniato finanche nell’anima: era la sua inazione, era la sua paura dell’ignoto.

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Possiamo dire che John Marcher amasse Mary? Non credo. Possiamo soltanto dire che era un vile. Possiamo dire che l’interminata attesa di Pier Luigi deponga in favore del suo amore per il proprio Paese? Non credo. E non credo nemmeno sia un vile, ma certo è uno che non vuole prendere atto della realtà, con una testardaggine che deve avere una motivazione. Esistono due possibilità: non capisce la situazione, non capisce che il timore di perder voti alle prossime elezioni va posposto al pericolo della deriva della nazione. L’interesse di partito viene dopo. Spiace non sia chiaro a un uomo che potrebbe essere il premier di domani.

Fatto sta che ci si stiamo addentrando sempre più nella giungla e la bestia è sempre più prossima. E che se ci azzannerà ci farà assai più male del governissimo.

Dice Franceschini: «Basta complessi di superiorità, Berlusconi ha preso praticamente i nostri stessi voti». Dice Renzi: «In tanti vogliono evitare le elezioni». Hanno ragione da vendere.

A presto. 

Edoardo Varini

(08/04/2013)

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