Le poco insolite abitudini di Mastro Titta

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Le poco insolite abitudini di Mastro Titta

Lo dichiaro senza mezzi termini. Temo la forza dell’abitudine più di ogni altra cosa. Quell’abitudine al domino nei caffè che secondo Balzac ha trattenuto per il lembo della giacca più di un suicida sulla soglia della morte è la stessa che fa perpetrare le nefandezze peggiori con noncuranza sovrana.

L’abitudine sostituisce alla lucidità della percezione il conforto della ripetizione, aggirando la volontarietà e dunque la moralità di ogni singola azione, rimpiazzandola con l’efficacia e l’economicità emotiva del meccanismo in atto. Non importa che sia cigolante: finché va, l’abitudine non si cambia.

Vogliamo dirlo chiaramente: l’abitudine impoverisce la coscienza. Credo che per “er boja de Roma” Mastro Titta, decollatore di 516 teste, lo stupore negli occhi degli astanti fosse incomprensibile. Nelle sue autentiche memorie – non quella apocrifa dell’anonimo ottocentescoleggiamo: «Il 28 marzo 1797 mazzolai e squartai in Valentano Marco Rossi, che aveva ucciso un suo zio e suo cugino per vendicarsi della non equa ripartizione fatta di una comune eredità». Prima di farlo ovviamente, abitudinariamente si confessava e indossava – questo, riconosciamolo, meno scontatamente – un bel mantello rosso alla Nembo Kid.

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Giovini Italiani! Scrutate con fiero cipiglio l’italico cielo! Trattasi forse di un uccello dal tricolorito piumaggio? Trattasi dei roboanti motori dell’imperiale aviazione? No! La figura che si staglia con muscoli scattanti nel cielo per la difesa dell’orbe terracqueo dal nemico bolscevico è Nembo Kid! [..]

Così, alla stessa maniera, comparvero Superman sul “Corriere dei Piccoli” del ’38 e compariva Mastro Titta sul patibolo. E giù coi quaranta chili di lama a separare la testa dal tronco. Esiste anche una poetica della ghigliottina, sapevate? Il suo primo cantore fu Saint-Just, l’“Arcangelo della morte”, all’Assemblea Nazionale, nel 1793, l’anno prima d’essere lui stesso decollato. Ebbe a definirla in tale sede «gradita aux âmes sensibles».

La macchina per decapitazione venne negli anni variamente definita “Rasoio nazionale”, “Vendicatore del popolo”, “Scorciatore patriottico” e infine “Santa ghigliottina”. No, non infine, vanno aggiunti i due migliori, autentiche folgorazioni di malavitosi dall’estro lessicale inarrivabile: “Abbazia del Monte Rimpianto” e “la Vedova”.

E tutto questo per giungere a dire che anche qui, ora, nel nostro paese, è per via di abitudine che a fronte di squilibri economici “si taglia” con ostentata nonchalance. «È quel che serve!». E allora mi chiedo dove sia la coscienza di chi va a tagliare uno stipendio di 1200 euro con le addizionali comunali e regionali, o alzerà l’Iva al 23% o di chi ha rincarato la benzina del 18% in un solo anno. Una cosa che s’è vista solo qui, il paese di Giovanni Battista Bugatti, detto “Mastro Titta”.

A presto. 

Edoardo Varini

(27/03/2012)

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