Le tribolazioni di un insubrico in Cina
Incaricare un amico di ucciderti perché sei andato in rovina per poi scoprire d’essere più ricco di prima e tribolare nel tentativo di trovare l’amico e fermarlo. Questa la trama de Le tribolazioni di un cinese in Cina, romanzo del 1879 di Jules Verne. Il “visionario” Jules Verne, l’uomo che in Ventimila leghe sotto i mari anticipò di 74 anni il sottomarino di Robert Fulton, e che nelle invenzioni di Orfanik (Il castello dei Carpazi), l’assistente dell’eccentrico per non dir sinistro barone melomane Rodolphe de Gortz – colui che sapeva «occupare gli ozi di quella monotona solitudine che la morte aveva creato intorno a lui» con una cosa soltanto, il bel canto – nelle invenzioni dell’anch’egli “originale e maniaco” Orfanik, dicevamo, prefigurò la meraviglia elettrotecnica della televisione.
E dunque, quando l’amato autore che sempre in gioventù ho chiamato solo e soltanto Giulio Verne, scrive nel romanzo dall’esotica ambientazione delle peripezie del giovane Kin Fo per scampare alla morte, antivedeva forse le peripezie verbali del primo Presidente del Consiglio italiano di origine insubrica Mario Monti, che giunge a dire da Pechino cose da lasciare a bocca aperta, esattamente come gli spaventosi fenomeni illusionistici dei macchinari del geniale assistente del barone, quali per esempio: «proiezione di fiamme intense mescolate con sale marino, che davano a tutti gli oggetti un’apparenza spettrale, sirene fortissime in cui l’aria compressa usciva in muggiti spaventosi, profili fotografici di mostri proiettati con potenti riflettori» e così via elencando.
Perché uno è abituato ad aspettarsi se non tutto molto, di questi tempi. Ma sentir dire da Kin Fo Monti: «Credo che questa crisi sia quasi finita, forse c’è solo una piccola componente psicologica. Ero molto preoccupato quando sono arrivato che l’Italia potesse essere un nuovo focolaio crisi. Ma non è successo e non succederà. Permettetemi di dire che siamo sollevati» è cosa da destare un certo effetto. Perché, vorrei sapere, chi è sollevato? È una cosa talmente enorme che Monti pare addirittura presentirla quest’obiezione, e allora aggiunge con profonda modestia e ancor maggiore senso di realtà: «Devo ancora far presente agli italiani che sarebbe stato molto più grave per il destino delle loro famiglie finire come la Grecia». Ah, ecco! È solo perché ancora non è tornato a spiegarcelo. Però ci arrivano per lettera delle rasserenanti anticipazioni:
«Comincia a diffondersi l’apprezzamento per ciò che il nostro Paese ha saputo fare in pochi mesi in termini di riduzione del disavanzo, riforma delle pensioni, liberalizzazioni. Ma restano una riserva, una percezione errata, un forte dubbio. La riserva, comprensibile, riguarda il mercato del lavoro. Con quali tempi il Parlamento approverà la riforma proposta dal governo? La sua portata riformatrice verrà mantenuta sostanzialmente integra o verrà diluita?».
Lo sentite, alla tempia, il freddo della canna di pistola? Ma non temete, è solo un illusionismo di Orfanik.
A presto.
Edoardo Varini
(01/04/2012)