«Il lavoro non sia luogo di scontro politico», dici, Matteo? Ah no?

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«Il lavoro non sia luogo di scontro politico», dici, Matteo? Ah no?

È vero, Matteo, che c’è un piano per spaccare l’Italia, come hai detto ieri agli imprenditori bresciani. Chi ne sia l’ideatore, però, nessuno lo sa – a te la parola – ma chi ne sia il principale interprete, non è difficile coglierlo: sei tu. Perché hai un pessimo vizio, non comunichi mai cose concrete. Questa del complotto però va al di là, e la dice lunga su come ti sta andando. Approdato al complottismo, considererai inevitabilmente chi ne sorride e ne dubita non abbastanza avveduto, o complice dei cospiratori, e sarà ancora più difficile parlarti. Avere risposte dirette e sul merito piuttosto che tweet buoni per tutto: «Facciamo paura perché hanno capito che questa è la #voltabuona», o l’ossimorico: «Oggi si torna a casa, ma solo per ripartire»

Per sapere invece come stanno andando le cose all’Italia, qualora non bastasse girare per le strade e vedere i negozi vuoti, basti il monito rivoltoci oggi dalla commissione Europea: il disavanzo italiano è destinato a raggiungere nell’anno in corso il 3% del Pil. La procedura per eccesso di deficit sta appollaiata su Palazzo Chigi come un avvoltoio. Il puzzo di carcassa tra gli obelischi di Roma è sempre più acre. Ci vorrebbe un redivivo Belli: «Un bon governo, fijji, non è quello / che v’abbotta l’orecchie in zempiterno / de Visscere pietose e ccor paterno: / puro er lupo s’ammaschera da agnello. / Nun ve fate confonne: un bon governo / se sta zzitto e soccorre er poverello».


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«Il lavoro non sia luogo di scontro politico», dici, Matteo. Ah no? E su che si dovrebbe confrontare e scontrare il pensiero politico. È una domanda che ti rivolgo: su che cosa?

A che pensi quando parli di partiti? A quale melassa di pragmatismo e fanciullesca velleità? Il socialismo e il comunismo sono nati precisamente sul tema del lavoro, per emancipare i lavoratori dallo sfruttamento capitalistico della loro forza produttiva. I partiti liberali senza il liberismo sarebbero svuotati di significato (ricordo Luigi Einaudi: «La libertà economica è la condizione necessaria della libertà politica») ed il liberismo si fonda sull’imperio del mercato, che inevitabilmente conduce e ha condotto allo svilimento del lavoro. È il presupposto dell’odierno sfacelo.

E la politica non dovrebbe scontrarsi sul lavoro? Se esistesse un unico modo di vedere le cose, se esistesse una strada giusta e le molte sbagliate, a che varrebbe la rappresentanza politica? Ah, intendo, siamo al neoliberista pensiero unico. There is non alternative, con buona pace della democrazia.

A presto. 

Edoardo Varini

(4/11/2014)

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