L’intolleranza che non è violenza: la nostra anima
Dicono tutti che i due attacchi, quello all’aeroporto di Zaventem e quello alla stazione della metropolitana di Maelbeek sono stati portati al cuore dell’Europa, perché a Bruxelles hanno sede gli edifici dell’Unione Europea.
Ma io non se possa essere il cemento la sostanza di un cuore. Perché a parte il cemento, a parte gli edifici, ed a parte il fiume di normative commerciali e monetarie e fiscali che da essi promanano, possiamo davvero dire che Bruxelles rappresenti qualcosa di lontanamente assimilabile ad uno spirito europeo, ad un’anima europea?
Nel Preambolo del Trattato sull’Unione Europea leggiamo: «ispirandosi alle eredità culturali, religiose e umanistiche dell’Europa, da cui si sono sviluppati i valori universali dei diritti inviolabili e inalienabili della persona, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza e dello Stato di diritto».
«Le eredità religiose e culturali», come se religione e cultura fossero due cose distinte e come se non fosse esistita in Europa una religione prevalente, la cristiana. Abbiamo il continente imbiancato dal marmo delle cattedrali e non riusciamo a dire che la nostra tradizione è cristiana.
L’inizio dell’inconsistenza spirituale è questo. L’aver inteso la tolleranza come un valore. Non lo è. La tolleranza serve ad evitare la violenza? Chiediamolo ai 31 morti e 250 feriti di ieri a Bruxelles. Chiediamolo ai loro familiari perché loro, di tolleranza, sono morti e non possono più parlare.
Intolleranza significa di necessità violenza? No, Per nulla. Significa dire «Per me tu non hai ragione e laddove io governo e lo faccio col favore dei mie connazionali sceglierò quel che mi sembra giusto indipendentemente dalle tue lamentele».
Ti lamenti per il crocefisso nelle scuole? La cosa non importa, non rileva. Pensi che solo tu andrai nel tuo Paradiso ed io sarò dannato per la semplice ragione che professo altra o nessuna fede? La cosa non rileva. Quel che tu pensi in antagonismo a me non rileva fino a che non decidi di danneggiarmi, fino a togliermi la vita nel più bestiale –perché più gratuito – dei modi. Sparandomi nel mucchio, come a una mandria al macello.
A quel punto mi interessa fermarti. Con qualunque mezzo. Rapidamente. E nemmeno ti sto ad ascoltare mentre me la racconti magari in un talk show. Magari sul giornale. Magari in una piazza circondato dai tuoi proseliti.
Vengo dove sei e ti neutralizzo. Non ti ascolto. Lo ripeto: basta ascoltare. Troppo sangue. Vengo dove sei e ti neutralizzo per difendere tutti. I miei connazionali ed i tuoi, da una stoltezza così sovrumana da credere perciò stesso di essere divina.
Dopo averli visti in faccia, dopo averne ascoltato i vanitosi deliri, così terribilmente social, così banalmente modaioli, così – mi perdonino i bambini – bambineschi, non dovrebbe essere tanto difficile.
La mia preghiera per le vittime.
A presto.
Edoardo Varini
(23/03/2016)