Lontan dal serio, vicino alla tragedia
Ieri era l’ultimo giorno utile per estendere il piano di prestiti di salvataggio alla Grecia ed evitarne il default. Il piano non è stato esteso però la Grecia non è in default, è in “default selettivo”. La pagliacciata: quella che ti fa ridere del duol che t’avvelena il cor. Quella cosa agli antipodi della serietà ma affianco alla tragedia. Irreparabilmente. Ma andiamo per gradi.
L’Eurogruppo ieri ha tentato di trovare un accordo virtualmente, in teleconferenza. Ma non l’ha trovato. Nemmeno virtuale. E allora oggi altro Eurogruppo, a testa bassa, per esaminare le “nuove proposte” elleniche. Che a stento immaginiamo poter essere coincidenti o meglio bastevoli a corrispondere alle pretese dei creditori. Alcuni le direbbero “giuste pretese”. Per me le pretese non sono mai giuste.
Ci immaginiamo che ai più alti livelli le comunicazioni economiche siano straordinariamente complesse, strutturate, a stento comprensibili ai molti. E invece no. Specialmente quando sono dettate da urgenza, specialmente quando già si sa già che sono scritte tanto per prendere tempo, per gettarle tra le «bramose canne» del Cerbero d’oggidì, pur’esso tricefalo, la cosiddetta Troika: il Fondo Monetario Internazionale, la BCE e la Commissione Europea.
Scrive al «Gran vermo» un malfermo Tsipras in questua dei 30 miliardi del terzo piano di salvataggio: «Dear Managing Director, dear Presidents, I am writing to inform you on the position of the Hellenic Republic towards the list of Prior Actions…». In ginocchio.
Va bene tutto: la riforma dell’IVA, la riforma delle pensioni ma purché parta a ottobre, l’eliminazione entro il 2019 del sussidio ai pensionati più poveri, il taglio delle spese militari. Ma calare le braghe non è servito.
La proroga del secondo programma di assistenza non c’è stata e se la Grecia ancora non è stata dichiarata insolvente è soltanto in virtù della raccomandazione rivolta dalla Commissione Europea agli stati membri di non agire fino alla conclusione dell’Eurogruppo in corso. Se nessuno chiede la restituzione dei soldi prestati, teoricamente Atene non è in default. C’è chi viene pagato lautamente per queste pensate.
Ma Standard & Poor’s ha già tagliato il rating delle maggiori banche greche a SD, che sta per “default selettivo” – un bizantinismo non contemplato né nella terminologia di Moody’s né in quella di Fitch né, soprattutto, dalla logica – per dire che il debitore è insolvente solo su una specifica emissione di titoli o classe di obbligazioni, non su tutto.
Non provate a capire questo concetto perché è incomprensibile. Perché non è un concetto. È che davvero non sanno più che pesci pigliare. Nemmeno Tsipras, del resto, che con il previsto referendum tenta di far ricadere sul popolo la responsabilità di una scelta in merito all’accettazione o meno delle misure di austerità che spetta al governo. Che spetta a lui.
Ma in fondo a questo tristo balletto di ipocrisia e protervia da un lato e di comprensibilissimo timore e tentennamenti dall’altro ci sta solamente l’incapacità di una scelta che riguarda tutti noi: il credito è un diritto acquisito. La vita un diritto che si acquisisce ogni giorno. Possiamo scegliere il marmo oppure il respiro. Non entrambi. Non sono della stessa sostanza.
A presto.
Edoardo Varini
(01/07/2015)