«Siam pronti alla vita, la vostra!», cantate con noi

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«Siam pronti alla vita, la vostra!», cantate con noi

La Commissione Europea ha finto stamane di credere che gli obiettivi di bilancio e riforma presentati a fine aprile nel Documento economico e finanziario del governo italiano saranno rispettati.

Nel dettaglio ha considerato possibile e significativo che nel 2016 l’Italia riesca a ridurre il deficit strutturale di appena lo 0,1% del Prodotto interno lordo.

Il deficit strutturale, altrimenti detto “indebitamento netto”, è una misura dell’eccedenza della spesa pubblica rispetto alle risorse a disposizione, rispetto alle entrate. Viene misurato non in termini monetari assoluti ma in relazione alla ricchezza che un Paese è in grado di produrre annualmente in termini di beni e servizi: è questo che chiamiamo Pil.

Dunque, perché il deficit possa ridursi esistono solo due possibilità: o sale il suddetto Pil o si riduce la spesa pubblica. La Commissione Europea ritiene – senza alcuna motivazione scientifica ma semplicemente per un’assunzione teorica di comodo ideata in una notte dell’81 da un non ancora trentenne funzionario del governo di Mitterand per frenare il pericolo di un’incontrollata esplosione della crescente spesa pubblica dell’epoca – che se il deficit supera il 3% del Pil la catastrofe nazionale è assicurata.

Ma non è vero. Anzi, esistono documentatissimi studi che affermano l’esatto contrario.

Il fatto è che quando si viene all’economia – materia già di per sé tanto complessa – i condizionamenti politici la fanno da padrone e così ne sortisce una confusione generale che non solo ammette ma provoca e vorrei dire obbliga ad una costante, programmatica, sistematica finzione.

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Il momento della verità certo che è lì da venire, però tali e tanti sono i fattori in gioco – non ultima la capacità di sopportazione dei cittadini-sudditi – che finché la barca va lasciala andare, e godiamocela noi burocrati, pifferai e bellimbusti di varia estrazione e capacità ma con unico intento: farsela bene.

Chiunque parli di questi temi dai pulpiti istituzionali, chiunque cioè abbia della sua la grancassa del potere mediatico, è qualcuno che se la fa un gran bene. Perché mai dovrebbe sollevare tante questioni?

Ecco allora che il vicepresidente della Commissione europea Vladis Dombrovskis, pur sapendo che la crescita italiana è una chimera e la spesa pubblica è in aumento, finge di credere che chissà mai per quale magia il prossimo anno il deficit strutturale verrà ridotto dello 0,1%. E poi, perdonatemi, fosse vero… addirittura!

Non accadrà, ma non per questo sarà la fine del mondo perché, come dicevamo, la regola del 3% non è più di un’ecolalia diffusa nei palazzi “che contano” ma che invece non sanno contare affatto.

Su tutto aleggia pecioso e spesso un certo sempre più protervo menefreghismo verso i bisogni della gente, espressione che solo a scriverla ti senti terribilmente fané. Ma pure esistono. E sono sempre più gravosi e diffusi e inascoltati.

Prendete ieri l’italico campione del paroliberismo che il caso o qualcuno di ancor più inconoscibile ha voluto fosse posto a governarci, il prodigioso Matteo che le sa tutte e non ne tace una, che in un’intervista a RepubblicaTv se ne esce a proposito del reddito minimo così: «Il reddito di cittadinanza come un reddito per tutti, da Agnelli in giù, è una follia».

Da quanto se ne parla? Anni? Eppure l’arcibambino della proposta di legge presentata dal Movimento Cinque Stelle in Senato non sa nulla, ma proprio nulla. E pensa che esistano dei folli che si impegnano in cose insensate che lui può smontare con una battuta. Ma quale umiliazione giovanile può portare a considerare sé i soli illuminati e il resto dell’umanità un gregge di stolti?

E comunque voi al di sotto della soglia di povertà rassicuratevi: rispetteremo la regola del 3%, che altro volete ancora? E poi fingete anche voi, di non avere fame. Il difficile, come in tutte le umane cose, è iniziare.

«Evviva! Evviva! Evviva! Siam pronti alla vita, la vostra!», cantate con noi.

A presto.

Edoardo Varini

(13/05/2015) 

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