Pastorale italiana

Dicono che alla fine ce l’hanno fatta ad ammazzare il ceto medio. Non c’era riuscito nemmeno Berlusconi, che aveva cercato di farne la “società media”, estendendo la medietà dal piano economico a quello culturale.

È stato a partire dalla fine degli anni Ottanta  che la produttività del Paese si è spostata dalle grandi fabbriche del Nord alle piccole aziende del Nord Est, e che la piccola borghesia del lavoro autonomo ha iniziato ad erodere il primato della borghesia urbana e industriale.

È stato questo il  movimento storico e sociale che la Lega ha saputo cogliere e che la sinistra non ha saputo nemmeno scorgere. E davvero colpisce sentir parlare politici ciechi e sordi a movimenti che hanno interessato l’intero Occidente industrializzato — gli Stati Uniti in primo luogo — di limiti intellettuali della classe dirigente leghista. Se fai il politico e non capisci lo Zeitgeist, forse è meglio che cambi mestiere.

«I soldi non bastano». È questo il desolante mantra della maggioranza delle famiglie italiane, le stesse famiglie che un tempo progettavano e realizzavano un futuro migliore per i figli. «Chiedi alla nonna se ti dà i soldi», perché la nonna e il nonno —ma il nonno sovente è già defunto — sono i sopravvissuti di quell’Italia del boom economico e dei diritti e delle tutele sociali che guardiamo ora con sempre maggiore incredulità, apparendoci via via più distanti nel tempo e nello spazio mentale dello Ziggurat di Ur o delle piramide egizie.

Eppure era l’altrieri. Se un aperitivo costa più di un’ora di lavoro qualcosa è andato storto e non varranno a raddrizzarlo quattro minchiate di Di Maio o Di Battista, quattro sparate messianiche di Zingaretti, quattro prossimi indagati della Leopolda. Questa gente non ha senso dello Stato, perché non senso del popolo.

Invece di lottare per in nostri diritti, primo dei quali quello alla sopravvivenza, postiamo a raffica introversioni decadenti volte a cogliere il vero senso dell’amore, la stronzaggine dei maschi —ma a furia di dargli addosso ve ne sono ancora? — e la straordinarietà delle nostre vita dal bordo piscina. Sancendo in questo modo che siamo perduti. E che l’idea che la salvezza è collettiva o non è, come sempre nella storia è stato, nemmeno ci sfiora.

«Quapropter astantes vos, fratres carissimi,/ ad tam miram huius sancti luminis claritatem, / una mecum, quaeso, / Dei omnipotentis misericordiam invocate».

«E voi, fratelli carissimi,  / qui radunati nella solare chiarezza di questa nuova luce,  / invocate con me la misericordia di Dio onnipotente».

Ce o lo dice l’Exsultet nella notte di Pasqua che Dio non si invoca da soli.

Non è come vuole il marketing delle multinazionali, non siamo noi la cosa importante, è quanto ci trascende e diventa collettivo. Capire questo è la salvezza. Nei prati e nella piazze è la salvezza.

In cameretta e nei salotti ammobiliati a rate la nostra voce è solo un sussurro de profunids che non redime nemmeno il gatto e il cane che abbiamo postato in vece della nostra anima.

A presto.

 

 

 

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