Pietà l’è morta

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Pietà l’è morta

Adesso. Se ne accorgono adesso. A fine febbraio il nostro premier se ne andava per conferenze stampa ad assicurare il mondo che: «Le misure di consolidamento del bilancio, di rigore e strutturali possono essere difficili da sopportare nel brevissimo periodo ma poi generano ripresa della crescita». Non bastava nemmeno il peso delle 11.615 aziende fallite nel 2011 e dei 3.000 nuovi fallimenti del primo trimestre 2012 a far avvertire la drammaticità della situazione. Ci voleva la sola cosa che ancora non sempre si riesce a nascondere: il sangue.

Notizie di oggi. Prato, un operaio tessile di 55 anni senza lavoro «mite e pacato che negli ultimi tempi aveva perso il sorriso» per aver perso due anni prima la pensione del padre esce di casa questa notte verso le tre, in quella che Bergman chiamava “l’ora del lupo”, e si dirige verso la boscaglia lì appresso per impiccarsi l’istante dopo al primo ramo che può sostenergli l’unica cosa che gli è rimasta: il corpo.

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Pompei, il titolare di un’impresa edile sempre verso le tre, ma questa volta del pomeriggio, si spara con una 7.65 nel parcheggio del Santuario. Delle tre lettere che portava con sé una era di scuse per i familiari, la seconda per descrivere i suoi problemi economici, la terza per accusare Equitalia.

Ma il rispetto a questi caduti non lo si vuole portare neanche da morti. Si preferisce chiamarli deboli, incapaci, matti. Si preferisce tributare onori a chi va in giro in questi giorni a dire che non c’è nessuna emergenza suicidi dovuta alla crisi economica, si è perfino fatto avanti l’Istat con i dati della Polizia di Stato, in cui il movente del suicidio è indicato da chi va a fare i rilevi sul cadavere.

Ma che cosa mette in discussione questa gente? Il rapporto tra suicidio e depressione oppure quello tra depressione e difficoltà economiche? Quale dei due rapporti, esattamente, contesta? La verità è che non c’è più vergogna e che pietà l’è morta.

A presto. 

Edoardo Varini

(10/05/2012)

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