Rubare una vita che è?

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Rubare una vita che è?

Cercate “Aaron Swartz” su Wikipedia: «Aaron Swartz (Chicago, 8 novembre 1986 – New York, 11 gennaio 2013) è stato un programmatore, scrittore e attivista statunitense, co-autore della prima specifica del RSS. Ha co-fondato Reddit e il gruppo di attivismo online DemandProgress. È stato anche un membro del Harvard University Ethics Center Lab. Il 19 luglio 2011 è stato arrestato per aver scaricato migliaia di articoli scientifici da JSTOR ed era in attesa di processo, rischiando fino a 35 anni di carcere. Aaron è stato trovato privo di vita l’11 gennaio 2013 nel suo appartamento a Brooklyn, New York, a causa di un suicidio per impiccagione».

Il pezzo del “Corriere della sera” inizia riportando le dichiarazioni della studiosa dei new media Danah Boyd, che mi trovano in netto disaccordo: «Mi fa paura la possibilità che Aaron sia trasformato in un martire, nel simbolo dell’attivista geek ucciso dallo Stato». Ma Aaron è un martire e ad ucciderlo è stato lo Stato. Che cosa fa paura a Danah, la verità?


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Elliott Peters era l’avvocato di Aaron, e lo scorso anno ci aveva provato a convincere il procuratore del Massachusetts, Carmen Ortiz, che il suo assistito era solo un ragazzo e che a muoverlo era stata l’idea che il sapere dovesse appartenere a tutti («L’informazione è potere e come tutte le forme di potere c’è chi vuole tenerla per sé», sono parole di Aaron) e che i 5 milioni di documenti scaricati dalla biblioteca digitale JSTOR del Massachusetts Institute of Technology (MIT) erano già pubblici, e che questo crimine non aveva vittime, e che 35 anni di carcere e 13 capi di imputazione forse erano troppi e che quei documenti nemmeno erano protetti, che non c’era stata alcuna intrusione…

Ma Carmen, Carmen che ad ogni intervista dice che sin da piccola voleva diventare procuratore, Carmen che sta dalla parte del giusto e del bene, Carmen che sfodera tailleurini porpora e candidi sorrisi su fondali di libri o bandiere, Carmen rispose ad Elliott che: «Rubare è rubare, sia che lo fai con un computer o con una spranga, sia che prendi documenti, dati o dollari». E se rubi una vita, Carmen, che è?

Aaron l’ala dell’oppressione spietata ed ottusa l’aveva avvertita ed aveva preso paura ed era corso a restuire al MIT gli hard drive dei download illegali. Aveva chiesto scusa. Lo ripeto, e lo ripeto nel nome di quella pietà che fa di una belva un essere umano: aveva chiesto scusa. E il MIT aveva deciso di non procedere.

Questa donna, di cui vorrei conoscere i talenti, non s’è fermata. Difficile farlo quando si è corifei del bene e del giusto. Conosco invece il talento di questo ragazzo, sconfinato, come la sua solitudine, che diceva prima di questa oltraggiosa storia, molto prima, di avere il solo desiderio di chiudersi in bagno a piangere. Un criminale da incatenare, palesemente.

O un sucidato della società, come il Van Gogh di Artaud, che scrive: «Si introdusse dunque nel suo corpo, questa società assolta, consacrata, santificata e invasata, cancellò in lui la coscienza soprannaturale che egli aveva appena assunto, e, come un’inondazione di corvi neri nelle fibre del suo albero interno, lo sommerse con un ultimo sobbalzo, e, prendendo il suo posto, lo uccise»?

A presto.

Edoardo Varini 

(15/01/2013)

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