San Giorgio, prefetto di Napoli
Ma chi è? Sì, d’accordo, il signor Andrea De Martino è il prefetto di Napoli. Ma a parte questo, questo signore, chi è? Questo signore che crede di poter aggredire un’altra persona – che sia un prete, e per di più un prete anticamorra, con le buone maniere poco importa – in quel modo delirante, chi è?
Non dev’essere la prima volta che mette in scena la parte del San Giorgio che difende la principessa, perché è perfettamente strutturata e precisamente eseguita. Un San Giorgio che vede il drago nei preti, però. Nelle ombre. Che vede pericoli inesistenti o, peggio ancora, che finge di vederli per strappare un applauso. Un teatrante? Mi sbaglierò, ma se così non è, l’alternativa? Alza la testa con fare e tono intimidatori: «Ma di quale signora sta parlando? La signora è un prefetto della Repubblica italiana. C’è anche un rispetto per le istituzioni. Se io la chiamerei signore lei che cosa penserebbe?» Si corregge: «Se la chiamassi, mi fa perdere anche la conoscenza dell’italiano, lei come reagirebbe?». Non come lei, per certo. Mi perdoni se le rispondo io. Vede, io sono abituato ad occuparmi di trading e dunque di probabilità e mi sento in tutta sincerità di dirle che le probabilità che un altro si senta di intervenire in difesa di una donna perché chiamata “signora” sono per fortuna prossime allo zero. E li vedete gli altri astanti? Tutti immobili. Va bene così. Tutti gli uomini zitti. Ufficiali dell’arma, notabili vari: zitti. A levarsi è soltanto la voce di una donna, fuoricampo: «Signori si nasce».
Don Maurizio Praticiello, che dev’essere d’indole mite, non smette di scusarsi, ma le scuse non bastano. L’offesa arrecata è inscusabile: «Cerchi di capire cosa sto dicendo, poi se vuole andare via può anche andare via, ma io le sto dicendo qualcosa di preciso, perché il rispetto delle istituzioni è il senso della Costituzione italiana». E Don Maurizio: «Signor prefetto, non era mia intenzione offenderla», e il signor Andrea, irrefrenabile: «L’ha offesa, e ha offeso anche me e tutti quanti, sindaci compresi».
Gli risponde la voce di una vera signora fuori campo: «E i cittadini che sono offesi da anni». Ma sindaci e ufficiali dell’arma al tavolo, non vi sentite umiliati dal fatto che a difendere il sacerdote sia stata solo una donna? E poi, la cosa strepitosa, mirabolante è che la conclusione di questa tirata nominalistica è: «Il rispetto della istituzioni è fatto di fatti non di parole». E spiace vedere che il Don seguita a scusarsi, dicendo di essere solo un parroco di periferia… Don Maurizio, vorrei dirti una cosa: tu non rappresenti un’istituzione lì, tu rappresenti Cristo. Mi vengono in mente le parole del padre gesuita della comunità di Villapizzone, in Milano, con cui ho trascorso lietamente parte del pomeriggio odierno parlando di aldilà, di bene e di male e degli Esercizi spirituali di Ignazio di Loyola, e di Vangelo, soprattutto. Mi ha detto il padre: «Il Vangelo non è stato scritto per fare cristiani e cristiane ma per fare uomini e donne». Ce lo ricordiamo tutti? L’abbiamo mai saputo?
Non ti scusare, quindi, sacerdote. Non abbassare la testa, perché porti la buona novella. E poi chiunque umili così le persone non rappresenta in realtà la costituzione. Nella costituzione italiana c’è scritto che «tutti i cittadini hanno pari dignità sociale», articolo 3, Principi fondamentali.
Se però anziché la Costituzione vogliamo leggere la Legenda aurea di Jacopo da Varagine, il frate domenicano del XIII secolo che raccontando le vite dei santi ci pose in mano il breviario iconografico irrinunciabile per l’interpretazione dei quadri religiosi, troviamo che quando il drago levò il crapone dal lago la «puella tremefacta», che qui sarebbe il prefetto di Caserta Carmela pagano, disse al coraggioso cavaliere Giorgio: «Fuge, bone domine, fuge velociter». Ma questi, impavido, scese da cavallo, si munì di croce e scagliò la lancia «in collum draconis». Nella storia del santo non ci scappa un bacio della bella. Spero per il signor Antonio che in questa sì. Altrimenti a che è valso tanto ardore?
A presto.
Edoardo Varini
(21/10/2012)