Saremo più brutti di quanto già siamo
Fatta eccezione per tutte le donne, noi umani si vede che non siamo brutti abbastanza. Tra centomila anni, ergo, lo saremo di più, o così almeno pare a Nickolay Lamm e Alan Kwan, due giovani ricercatori della Washington University.
Avremo occhi da triglia, il crapone e nari «più ampie per affrontare atmosfere più rarefatte e una pigmentazione più pronunciata della pelle per meglio resistere all’esposizione a varie radiazioni vigenti nel cosmo», scrive il “Corriere”.
Codesta grulleria sta facendo il giro del mondo, come milioni d’altre grullerie, nelle rubriche dedicate alla “scienza”. Se questa è scienza…
Da quasi un secolo la fisica teorica è in stallo. La relatività, la meccanica quantistica, a inizio Novecento, e poi fisica delle particelle, tanta, ma tanta, che è poi il campo in cui puoi spararle più grosse: la controprova è talmente minuta da approssimare lo zero e dunque alè.
La ricerca sulla produzione di nuova energia non interessa che pochi, i combustibili fossili arricchiscono troppi. L’aumentata comprensione dell’interazione quantistica tra radiazioni e materia ci ha portato a visualizzare immagini quasi indistinguibili dal vero, ma esistendo il vero, inutilmente.
Per fortuna che in altri campi, primo fra tutti la politica, sono stati fatti passi da gigante. Adesso in Italia alle amministrative vota il 48,6 per cento dell’elettorato, e c’è chi ne gioisce perché questo ci renderebbe tanto più simili agli americani.
C’è chi se ne bea perché l’astensionismo ha colpito più il Pdl, che è dunque più debole e sarà meno rompicoglioni al governo, dal che scaturirebbe un palese rafforzamento dello stesso.
Questo almeno il pensiero del premier Enrico Letta: «Il risultato elettorale rafforza il governo di larghe intese». Secondo questa logica, fosse andato a votare il 30 per cento la compagine governativa sarebbe risultata invincibile.
Ma anche lì, non bisogna poi essere troppo tranchant nell’affermare che un aumentato astensionismo non è affatto una buona cosa per una democrazia: «C’è una riduzione della partecipazione, ma il giudizio non può essere troppo semplicistico», avvisa il capo dello Stato.
Ed io non posso che chiedergli umilmente venia nel confessargli, da questa pagina, che il mio lo è. Assolutamente semplicistico: meno partecipazione, meno democrazia.
Non sono mica certo che tra centomila anni avremo la testa più grande. Avremo più cervello. Le prove a favore di una simile ipotesi, a ben guardare, non sono poi molte.
A presto.
Edoardo Varini
(11/06/2013)