Si chiama eccidio
«Il mondo non si mantiene che per il fiato dei bambini»
Talmud
Il primo della lista si chiamava Al-Ja’bary, aveva 52 anni. L’ultimo, il centoquattresimo, si chiamava Osama Shhada. La stilatrice della lista si chiama Shahd Abusalama. È una ragazza, è ancora viva. Ma i missili non hanno smesso di piovere a Gaza e lei scrive: «Continuate a seguire questo post. Lo aggiornerò con tutto ciò che sta succedendo per come posso, e finché avrò respiro».
Venerdì scorso, in mattinata, le sono esplosi intorno 85 missili in 45 minuti. Ho sentito dagli uomini del «Ve lo spiego io» commenti indegni. Che i morti non si contano, si pesano. E che se si contano la storia è lunga, bisogna farla dall’inizio. Io invece i morti li conto, uno dopo l’altro, come fossero vivi e avanzassero, a sentire il loro nome, di un passo.
Se li nominassimo tutti, i morti palestinesi uccisi dalle forze di sicurezza israeliane dal 2000 a oggi, avremmo una brigata di 6.000 unità, con molti bambini. Mi auguro che il Dio dell’aldilà non li faccia più combattere, o se devono, che possano farlo ad armi pari. Gli israeliani uccisi dai palestinesi, nello stesso periodo, sono 738. Quasi dieci palestinesi per ogni israeliano ucciso. Non si chiama guerra. Si chiama eccidio.
A presto.
Edoardo Varini
(19/11/2012)