Veni creator Spiritus, non solo per il Conclave
Nel giorno della prima votazione del Conclave che eleggerà il successore di Benedetto XVI mi sovviene un sonetto del Belli, Er Papa. Chiedo scusa, non paia irriverente: «Iddio nun vò ch’er Papa piji moje / pe nun mette a sto monno antri papetti: / sinnò ali Cardinali, poveretti,/ je resterebbe un cazzo da riccoje».
E così a giorni – non oggi, che pare prevista fumata nera – uno dei 115 cardinali elettori uscirà dalla Sistina dopo aver raccolto il pontificato.
Da domani quattro scrutini al giorno, con fumate alla mezza e alle sette di sera. Si pensa che l’elezione sarà un po’ più lunga di quella di Ratzinger, ma che non si andrà oltre giovedì mattina. Non si voterà senza Spirito Santo, va da sé.
Lo si invocherà tra la Cappella Paolina e la Sistina, in processione, poco prima dell’ora del tè. Lo si farà con il Veni creator spiritus, inneggiando così: «Veni, creator Spíritus, / mentes tuorum vísita, / imple superna gratia, / quae tu creasti pectora».
E lo Spirito discenderà pentecostale, avvampando le porpore di riveberi rosso di cadmio chiaro. Nulla a che vedere con i tenebrori cardinalizi di Scipione, oggi avviene tutto e sempre alla luce del sole. L’abbiamo disimparata la lezione del Belli, noi laici.
Non i trenta porporati che ieri hanno apertamente contestato il camerlengo Bertone dopo la sua forse troppo lacunosa e troppo succinta esposizione sulla situazione economica della Santa Sede.
A difenderlo invece è stato Odilo Pedro Scherer, arcivescovo di San Paolo del Brasile, cardinale presbitero di Sant’Andrea al Quirinale. Forse sarà lui, il “candidato della curia”, a raccogliere il papato, così come raccolse ieri l’ostia consacrata.
E l’Italia, invece, l’Italia turrita, chi la raccoglierà? L’Italia turrita che è Cibele, la Grande Madre che voleva che i suoi sacerdoti si castrassero nel Dies Sanguinis per spargere il proprio sangue sopra un pino? E dal pino risorgeva Attis, come dal pino, più tardi, Pinocchio.
«Fatti gli occhi, figuratevi la sua meraviglia quando si accorse che gli occhi si muovevano e che lo guardavano fisso». Un bambino italiano, un ragazzino con l’abbecedario, come i due milioni che in questo nostro massacrato Paese vivono in povertà. Nel più ignominioso silenzio.
Ci sono molti, in questa nostra grassata nazione, che sorridono al primo dei 20 punti del programma «per uscire dal buio» di Grillo: il reddito di cittadinanza. Di solito hanno la pancia piena e dicono a chi sta infinitamente peggio di loro di non gridare. Non so a che gli serva il silenzio, certo non a leggere, altrimenti saprebbero che quel reddito di cittadinanza è già da tempo una realtà nei paesi europei più avanzati.
Sono quelli che firmano gli appelli “Cambiare, se non ora quando?”, gli intellettuali sedicenti di sinistra, benestanti. Apprezzo la citazione di Primo Levi, apprezzo sempre Primo Levi, ma non loro, che sono altro. Sono l’opposto.
Nessuno di loro «porta in tasca la pietra che ha frantumato la fronte di Golia». Sono quelli che il reddito di cittadinanza sì, sarebbe una bella cosa ma prima chi lo propone deve indicare le risorse. Perché non viene chiesto a questo stesso fantomatico solutore di indicare dove prendono le risorse le famiglie di disoccupati, sottoccupati, precari, pensionati, stipendiati da fame. Posso suggerire? Dai contributi pubblici ai partiti e alla stampa, così, per cominciare. La prima pietra. Dia retta a Renzi, caro Bersani, rinunciare a quei 48 milioni di euro è un atto dovuto.
In Germania il reddito di cittadinanza, o “di esistenza”, perché a questo serve, si chiama Hartz IV, in Gran Bretagna Income Based Jobseeker’s Allowance, in Francia Revenue de solidarité active, per non parlare di Norvegia, Danimarca, Olanda e l’elenco sarebbe ancora lungo. Insomma: lo vogliamo capire che questo nostro Stato con i deputati più pagati del mondo – sento già la ridicola obiezione dell’impossibilità del confronto: si guardino allora gli assegni di fine mandato e vitalizi, ne avanza – è forse il solo in Europa a non porsi il problema della sostenibilità del vivere per i suoi cittadini?
Leggete l’appello degli intellettuali: questo punto, quello del reddito di cittadinanza, viene dopo la legge sul conflitto di interessi, la legge elettorale, il dimezzamento dei parlamentari, una Camera delle autonomie al posto del Senato, la riduzione al minimo dei rimborsi statali ai partiti… Secondo voi, si rendono conto?
«Vorrei dirvi», come Slataper ne Il mio carso, vorrei dirvi che esiste un’altra intellighenzia in questo paese, probabilmente più lucida, forse più rispettosa del prossimo. Certamente non scrive sui grandi perché finanziati giornali e non la vedete in televisione. O non ancora.
A presto.
Edoardo Varini
(12/03/2013)