Vogliamo smetterla di sputtanare i referendum?
Rimanessero aperte le urne anche fino alle 2 di questa notte, non mi verrebbe mai in mente di andare a votare per il referendum che propone l’abrogazione del comma 17, terzo periodo, dell’articolo 6 del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, che consente attualmente di protrarre la concessione per estrarre idrocarburi entro 12 miglia dalla costa italiana fino alla vita utile dei giacimenti. Votare sì significa esprimere la volontà di abrogare una norma che impedirebbe a 500 aziende e 5.000 lavoratori diretti e 15.000 dell’indotto di continuare a lavorare.
Se vince il sì allo scadere delle concessioni si fermerà l’attività di 90 piattaforme che estraggono metano, e in taluni casi petrolio, in 44 giacimenti siti entro 12 miglia dalla costa italiana. Ciò significa che già dall’anno prossimo dovremo importare 562 milioni di metri cubi di metano in più. L’ultima concessione scadrà nel 2018: a quel punto i metri cubi da importare saranno 1,9 miliardi.
Io mi domando come sia possibile non avere ancora capito che la nostra inconsistenza in termini economici e di politica estera deriva dalla nostra dipendenza in termini energetici. L’Italia sta pagando l’energia troppo cara, da troppi anni, e lo sta facendo in ragione di referendum dissennati e populisti come questo che sulla scorta di un malinteso amore per l’ambiente stanno distruggendo qualsiasi programma energetico nazionale. Io già trovai indecente il referendum sul nucleare dell’87, che di razionale non aveva nulla, se non la cancellazione della possibilità di un disastro come quello di Chernobyl, come se il non avere la minima indipendenza energetica non fosse un pericolo altrettanto grande.
Amare l’ambiente è anche amare la propria libertà di cittadini. È anche consentirsi una libertà di spesa che non sia eccessivamente assorbita dall’approvvigionamento energetico. Alternative reali ai combustibili fossili oggi non ve ne sono. Possiamo girarci intorno, ma è un gioco – occorre ricordarlo – oltremodo costoso e probabilmente dissennato.
E poi una cosa. Non confondiamo il referendum di ottobre sulla Riforma costituzionale con questo. Non danneggiamo il Paese per fare un dispetto a Renzi. Questo referendum sulle trivelle non deve essere una prova generale di quello. Non dimentichiamoci mai il merito delle cose, per favore. La loro irriducibile concretezza. Perché proprio questo sarebbe fare come il premier, non astenersi da una scelta di voto totalmente strumentale e gratuita come quella che dovremmo compiere nelle urne oggi. Il referendum è una cosa sacra. Per favore smettiamo di sputtanarlo.
A presto.
Edoardo Varini
(17/04/2016)