Il rapporto tra copista e manoscritto. Secondo ambito di incertezza
Come si esplica per il copista l’incertezza su ciò che per lui vale? Dal nostro punto di vista l’incertezza sulla valutazione che il copista esprime nei confronti del testo si manifesta in due ambiti: quello tra il copista dotto e il testo che egli deve vergare; e quello tra chi commissiona il testo e il testo stesso. Quando siamo alla presenza di un copista dotto (abbiamo fonti riguardo alla sua vita, alla sua formazione culturale etc., quindi, ci è noto), è semplice indagare la sua componente valutativa nell’atto di copiatura del testo e, soprattutto, di scelta di un certo testo da copiare.
Quando, al contrario, ci troviamo dinnanzi a un copista per professione, di cui non conosciamo nulla (nemmeno il nome), l’unico indizio per interrogare la sua componente valutativa potrebbe risiedere nella conoscenza della storia del monastero o, in generale, dello scriptorium, con la conseguente ricerca dei libri lì contenuti: in altre parole occorre conoscere quale “aria” si respirasse in quel monastero e in quel preciso momento storico, e “chi” respirasse per l’appunto quell’aria.
Questo discorso vale anche e soprattutto per il già citato Pietro da Parma. Pietro, «copista per passione», sceglie di copiare l’Africa, e sceglie di emendare alcuni punti che lui riteneva importanti, e altri no. L’operazione che lui compie è del tutto di ambito valutativo. Com’è stato possibile, per gli studiosi, emendare gli interventi compiuti dal copista? Proprio conoscendo la formazione del copista stesso (e qui ci colleghiamo al paragrafo successivo), e conoscendo dunque ciò che per Pietro valeva.
Perché non estendere questo metodo di lavoro a tutti gli altri testi? Perché non scoprire la portata antropologica nascosta dietro un semplice manoscritto? I filologi hanno il dovere di consapevolizzare questo ambito d’incertezza, e di tener conto del giudizio valutativo che fu dato a una determinata opera non solo nel chiuso di un monastero, ma anche nella società in cui viveva il dotto copista che aveva “deciso” di tramandarla.
E con questo, oggi chiudo. Sayonara.
Lorenzo Dell’Oso