Quarta puntata. Il ruolo “morale” dell’intellettuale: i Lais di Maria di Francia
Ascolta, lettore: basta lamentarti. Lo so, è una lingua non tua (neanche mia). E quindi? Vuoi leggere solo cose semplici? Non hai voglia di impegnare gli occhi e la mente? Se non vuoi, sta’ tranquillo, nulla di che. Ma cambia pagina, cambia sito. Cambia mente. Come dici? …dici di sì? Bene. Ok. Allora ci sto. Rimboccati le maniche. Stai in silenzio; concentrati. Perché – fidati – ne varrà la pena.
Poi mi ringrazierai, già lo so.
Forza.
Ki Deus ad duné escïence
E de parler bone eloquence
Ne s’en deit taisir ne celer,
Ainz se deit voluntiers mustrer. 4
Quant uns granz biens est mult oïz,
Dunc a primes est il fluriz,
E quant loëz est de plusurs,
Dunc ad espeandues ses flurs. 8
Custume fu as ancïens,
Ceo testimoine Precïens,
Es livres ke jadis feseient,
Assez oscurement diseient 12
Pur ceus ki a venir esteient
E ki aprendre les deveient,
K’i peüssent gloser la lettre
E de lur sen le surplus mettre. 16
Li philesophe le saveient,
Par eus meïsmes entendeient,
Cum plus trespassereit li tens,
Plus serreient sutil de sens 20
E plus se savreient garder
De ceo k’i ert a trespasser.
Ki de vice se voelt defender
Estudïer deit e entendre 24
A grevose ovre comencier:
Par ceo s’en puet plus esloignier
E de grant dolur delivrer.
Pur ceo començai a penser 28
D’aukune bone estoire faire
E de latin en romaunz traire;
Mais ne me fust guaires de pris:
Itant s’en sunt altre entremis! 32
Des lais pensai, k’oïz aveie.
Ne dutai pas, bien le saveie,
Ke pur remambreance les firent
Des aventures k’il oïrent, 36
Cil ki primes les comencierent
E ki avant les enveierent.
Plusurs en ai oï conter,
Nes voil laissier ne oblier. 40
Rimé en ai e fait ditié,
Soventes fiez en ai veillié!
Il libro dei Lais fu offerto intorno al 1170 (la datazione, tuttavia, è controversa) a Enrico II Plantageneto da una poetessa di nome Maria, nata nel regno di Francia, ma vissuta, probabilmente, in Inghilterra. I Lais, per unanime consenso della critica, costituiscono il suo capolavoro; l’opera alla quale l’autrice dovette la propria fama. Celebre è la lettura proposta da Leo Spitzer, secondo il quale i Lais costituirebbero una summa profana sull’argomento religioso, dei Problemmarchen elaborati da singole questioni della casistica erotica.
Il prologo dell’opera, già a una prima lettura, tratteggia e definisce una sensazionale metamorfosi del ruolo dell’intellettuale rispetto a come esso si manifestava, nonostante la stretta vicinanza cronologica, nei “romanzi antichi”. Se nei prologhi precedenti l’attività letteraria trovava il suo punto di confronto/scontro con la saggezza biblica di Salomone, ora è Dio in persona a far dono di sapienza e bell’arte nel dire (si leggano i primi due versi) a chi scrive: e, a maggior ragione, proprio questi detiene l’obbligo “sacrale” di non tacere né tenersi nascosto. È da tali presupposti, quindi, che il confronto/scontro con gli antichi, sotto la penna di Maria di Francia, tocca affascinanti punti d’interesse. Gli autori della tradizione sono tacciati, sulla scorta di ciò che attesta il grammatico Prisciano – in questo caso fonte di auctoritas – , di esprimersi con oscurità, «affinché quelli che avevano a venire e che dovevano studiarli ne potessero chiosare la lettera e aggiungervi in più il loro ingegno». Pertanto, se gli antichi divengono sinonimo di oscurità, è precipuo compito dei moderni fare chiarezza e “ri-dare” alla luce. E il riconsegnare alla luce esige impegno, ricerca, attenzione, raffinatezza dello stile. Di là dalla metamorfosi dell’intellettuale, questi versi si rivestono di specifico interesse giacché determinano il principio dell’interpretazione allegorica.
I versi seguenti, invece:
Ki de vice se voelt defender
Estudïer deit e entendre
A grevose ovre comencier:
Par ceo s’en puet plus esloignier
E de grant dolur delivrer.
sorprendono per l’orientamento fondamentalmente morale che la poetessa intende assegnare ai suoi componimenti. Ecco emergere, dunque, con Maria di Francia, la funzione “morale” dell’opera dell’intellettuale. Questi, a sua volta, non può farsi solo custode di un sapere distillato, né tantomeno limitarsi a trasmettere questo sapere a spiriti eletti: non basta. L’operazione che l’intellettuale ha il dovere di compiere investe anche la sfera morale della trasmissione del messaggio. Per questo, a differenza delle opere precedenti, l’opera di Maria appare, fin dal primo verso, ispirata direttamente da Dio. La letteratura presenta quindi il suo fine nel fuggire il vizio per mezzo “dello studio e del difficile lavoro”: ed è qui che l’autrice, proprio in virtù di questa sentenza, dichiara la consapevolezza di sé. Dal verso 28 in avanti spiccano gli elementi conseguenti di una tale dichiarazione. Primo tra tutti, osserva Carlo Donà, il carattere sperimentale dell’opera. Come dichiara l’autrice stessa, d’altronde, i Lais vedono la luce da un vero e proprio esperimento letterario:
Cominciai a pensare/ di far qualche bella storia/ traducendola dal latino in volgare/ ma non ne avrei tratto gran merito:/ tanti altri vi si sono provati!/ Pensai allora ai lais, che avevo ascoltato. / Non avevo dubbi, sapevo bene/ che li fecero per ricordare/ le avventure che avevano udito/ quelli che per primi li composero/ e li trasmisero ai posteri./ Ne ho sentiti raccontare in gran numero, / e non voglio tralasciarli né dimenticarli. / Li ho quindi messi in rima e in poesia, / vegliando molte volte nell’impresa! (vv.28-42)
A voler azzardare un’ipotesi di lettura, si potrebbe suggerire che i versi citati non sarebbero altro che la messa in atto della sentenza morale contenuta nei versi 23-27. Lo stile raffinato e curato dei Lais è infatti direttamente proporzionale alla “gravità” dell’opera stessa (eloquente il «grevose ovre» del v. 25). L’esclamativo «Soventes fiez en ai veillié!», inoltre, testimonia il necessario impegno rivestito dall’autrice nella stesura delle composizioni stesse (d’altronde, è cosa nota che la stesura del prologo fu posteriore a quella dei Lais); la ricercatezza formale e stilistica distingue anche per semplice bellezza questa da molte altre opere della letteratura francese medievale. E l’impegno profuso, in conclusione, non può non essere ingente, proprio giacché la scrittura tende a investire anche il fronte morale, di cui il “nuovo” intellettuale vuole e deve farsi portatore.
Maria di Francia, Lais
Qualità, elementi e valori dell’intellettuale |
Riferimento testuale |
|
|
Dovere ed esigenza “sacrale” della diffusione |
Ki Deus ad duné escïence /E de parler bone eloquence /Ne s’en deit taisir ne celer, /Ainz se deit voluntiers mustrer. |
Valenza morale dell’opera letteraria |
Ki de vice se voelt defender/Estudïer deit e entendre /A grevose ovre comencier: /Par ceo s’en puet plus esloignier /E de grant dolur delivrer. |
La consapevolezza di sé |
Des aventures k’il oïrent, /Cil ki primes les comencierent /E ki avant les enveierent./ Plusurs en ai oï conter, / Nes voil laissier ne oblier. |
La raffinatezza e la cura stilistica |
Rimé en ai e fait ditié, /Soventes fiez en ai veillié! |
Consapevolezza della mise en roman dell’opera |
Pur ceo començai a penser /D’aukune bone estoire faire /E de latin en romaunz traire; |
Beh? Avevo ragione o no? Interessante? Ma aspetta l’ultima puntata, dove tireremo le fila. Perché ora il testo non è tuo, non può ancora esserlo. Solo alla fine del nostro viaggio potrò firmare – contento – il contratto che sancisce la tua effettiva proprietà del testo.
Te ne vuoi impossessare o no?
Bene, allora alla prossima.
Lorenzo Dell’Oso