La genesi dell’intellettuale del mondo nuovo – Seconda puntata

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Il Roman de Thèbes  

Bene, rieccoci qua. Continuiamo il discorso interrotto la scorsa settimana. Si stava parlando di rinascita nel XII secolo. Ebbene, quali sono le coordinate fondamentali che permettono di leggere con esattezza la genesi di quest’intellettuale? Leggiamo il prologo dell’anonimo Roman de Thèbes, così chiaro da essere letto senza l’aiuto della traduzione (anche il lettore talvolta dovrebbe impegnarsi!):

Qui sages est nel doit celer,

ainz doit por ce son senz moutrer

que quant il ert du siecle alez

touz jors en soit mes ramenbrez.                         4

Se danz Omers et danz Platons

et Virgiles et Quicerons

leur sapïence celissant,

ja n’en fust mes parlé avant.                                  8

Pour ce n’en veul mon senz tesir,

ma sapïence retenir,

ainz me delite a raconter

chose digne por ramenbrer.                                 12

Or s’en tesent de cest mestier,

se ne sont clerc ou chevalier,

car aussi pueent escouter

conme li asnes a harper.                                      16

Ne parlerai de peletiers

ne de vilains ne de bouchiers,

mes des deus freres parleré

et leur geste raconteré.                                        20

La data di stesura dell’opera oscilla fra il 1155 e il 1160, poco più di vent’anni dopo la composizione del Roman d’Alexandre. Secondo l’ordinamento cronologico suggerito dagli storici della letteratura, si situerebbe nel decennio dei “romanzi antichi”, coeso gruppo di testi provenienti dall’impero plantageneto.

Il prologo del Roman de Thèbes, a differenza dei frammenti di Alberico, evidenzia e potenzia l’autoconsapevolezza dell’autore. E la cautezza di Alberico lascia definitivamente il campo alla determinazione dell’autore del Roman de Thèbes: la sua scrittura mostra decisione, fermezza. Queste le sue parole: «Chi è saggio non deve nasconderlo, /ma deve mostrare il suo senno, /così che quando lascerà il mondo/ di lui resti sempre il ricordo». Dai primi quattro versi affiora già un elemento del tutto assente nei versi di Alberico: la ricerca della fama; l’agognata immortalità delle proprie gesta letterarie (si legga il v.4):

«Se Omero e Platone/ e Virgilio e Cicerone/ avessero nascosto la loro sapienza/ di più di loro non si farebbe parola. /Non voglio allora tacere il mio senno/ e tenere per me la mia sapienza, /anzi mi piace raccontare/ cose degne di essere ricordate».

La ricerca della fama accompagna nei versi citati la consapevolezza di sé. La coscienza del proprio valore induce l’autore a mettersi sullo stesso piano dei grandi autori greci e latini (sorprende, al posto di Aristotele, la presenza di Platone). L’oggetto in grado di assicurare fama imperitura all’opera del poeta è definito come «chose digne por ramenbrer». Ciò che all’autore interessa, nondimeno, è svelare un sapere se non sconosciuto, di certo prezioso; qualcosa che è imperioso dovere diffondere.

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L’intellettuale si sente dunque investito di una missione il cui fine è suo dovere annunciare a chi gli è attorno: ma la consapevolezza delle proprie qualità e del messaggio di cui si fa emissario emargina dalla propria cerchia, a sua volta, tutti coloro incapaci di cogliere l’entità del messaggio stesso (si leggano, a tale proposito, i versi 12-20).

Compare, di conseguenza, un terzo elemento nodale: la componente sociale dell’intellettuale. Essa ha la possibilità di esplicarsi nell’attenta selezione del pubblico da parte dell’autore stesso (nonostante la scelta della lingua volgare). Sarebbe pertanto possibile concordare con Maria Luisa Meneghetti quando asserisce che «l’epica medievale è fenomeno essenzialmente indifferenziato e dunque popolare, nel senso più ampio del termine, che non può che cercare nella propria memoria storica le fonti d’ispirazione»? In che senso dobbiamo intendere l’aggettivo “popolare”? E poi: quali fasce del popolo? Nel prologo del Roman de Thèbes, l’identità degli utenti è descritta con assoluta precisione (vv. 13-16) cone altrettanto precisa risulta essere la descrizione figurata di coloro che non sarebbero in grado di intendere («comme li asnes a harper»).

La componente sociale emerge soprattutto nei quattro versi finali, dove la consapevolezza di sé, unita alla volontà di lasciare fama imperitura alla propria opera, determina anche l’identità stessa dei protagonisti delle vicende. Anch’essi infatti, al pari del pubblico, non possono adeguarsi allo status di chi è incapace di cogliere la grandezza di ciò che viene descritto nelle opere di letteratura (si legga il verso «ne de vilains ne de bouchiers»).

Pertanto, agli elementi prima evidenziati, aggiungiamo come caratteristiche peculiari dell’intellettuale autore del Roman:

Anonimo, Roman de Thèbes

Qualità, elementi e valori dell’intellettuale

Riferimento testuale

Consapevolezza di sé

Pour ce n’en veul mon senz tesir, /ma sapïence retenir, /ainz me delite a raconter /chose digne por ramenbrer.

La fama e il ricordo

Se danz Omers et danz Platons /et Virgiles et Quicerons /leur sapïence celissant, /ja n’en fust mes parlé avant. /Pour ce n’en veul mon senz tesir, /ma sapïence retenir, /ainz me delite a raconter /chose digne por ramenbrer.

Dovere ed esigenza della diffusione

Qui sages est nel doit celer, /ainz doit por ce son senz moutrer /que quant il ert du siecle alez /touz jors en soit mes ramenbrez

La selezione del destinatario

Or s’en tesent de cest mestier, /se ne sont clerc ou chevalier, /car aussi pueent escouter /conme li asnes a harper. /Ne parlerai de peletiers /ne de vilains ne de bouchiers, /mes des deus freres parleré /et leur geste raconteré.

Alla prossima. Come al solito.

Lorenzo Dell’Oso

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