La porta nella lingua latina
Parte prima: FORIS, IANUA
Iniziamo il nostro viaggio “antropologico” con alcune note rigorose – ma necessarie. Nel celebre saggio Sur Racine , Roland Barthes osservava:
«Tra la Camera e l’Anti-Camera, c’è un oggetto tragico che esprime in modo minaccioso la contiguità e insieme lo scambio, lo sfiorarsi del cacciatore e della sua preda, ed è la Porta».
La porta è quindi connotata (oltre che personificata, come la maiuscola dimostra) come oggetto-spartiacque e oggetto-confine di due mondi differenti; del mondo del contatto diretto, della successione immediata nello spazio e nel tempo, del trasferimento reciproco; del mondo del cacciatore e di quello della preda. Lo stesso concetto è ripreso e sviluppato ulteriormente da Giampaolo Caprettini:
«La porta sta a indicare la separazione e insieme lo scambio, l’isolamento e l’incontro, la curiosità e la conoscenza, il movimento e la sosta della sorpresa […] Simbolo e momento del rito iniziatico che segna o prelude, la porta invita a superare quel mistero che essa stessa indica».
Come ben si deduce, entrambe le posizioni evidenziate contribuiscono a mettere in luce i valori semantici e semiologici dell’oggetto-porta; costituiscono solo il punto di partenza del percorso (di carattere filologico-antropologico) che abbiamo intenzione d’intraprendere. La parola italiana “porta” presenta, secondo le sue sfumature semantiche, diversi corrispettivi nella lingua latina. Giancarlo Mazzoli, relativamente all’opera plautina, formula una distinzione fondamentale tra la porta “propriamente detta […] perlopiù designante […] il luogo di passaggio dentro o fuori della città” e “la sinonimia con la quale l’uso latino indica la porta di casa». Questa diversificazione, come in seguito si avrà modo di costatare, non si limita all’opera plautina, ma investe la letteratura latina nella sua totalità.
Limitatamente alla “porta di casa” (su cui concentreremo il nostro interesse), Mazzoli individua quattro sostantivi principali: fores, ianua, ostium e limen. Approfondiamo di seguito l’etimologia e la semantica delle prime due parole.
Foris
Il plurale fores, osserva Mazzoli, indica la consueta fattura a due battenti della porta domestica, che grande importanza ricoprirà nel testo plautino sottoposto al nostro esame; generalmente, però, il singolare foris sta ad indicare la porta di una casa o di una semplice camera (celebre il plautino forem pultare, l’atto del ‘bussare’). Tuttavia, un nominativo singolare FORES è attestato in Donato (Ad. 264), oltre che negli stessi manoscritti plautini (che, per l’appunto, attestano la lezione FORES). Nonostante ciò, la grafia corrente e corretta sembra essere FORIS.
Nella lingua italiana sopravvive l’avverbio fuori. A un dubbio *fora si collegano gli avverbi foris (ablativo locativo plurale), foras (accusativo plurale). Da un punto di vista etimologico, occorre far risalire l’evoluzione del sostantivo a un non attestato *dhwer- essenzialmente impostosi al plurale; da questa: v.sl. dviri, lit. durys, v.h. a. turi e skr. dvarah . Il suo uso, sebbene non apertamente visibile nei testi esaminati, è copioso e uniforme: basti osservare come essa prevalga nettamente nel solo Plauto.
Ianua
Sicuramente, tra i quattro, il sostantivo IANUA è quello più interessante. Sembra derivi etimologicamente dalla forma non attestata *ianu, più che da quella (altrettanto non attestata) *iano-.
A differenza di FORES, IANUA indica un accesso, un ingresso obbligato: un passaggio sacro e sostanzialmente vincolato. Non a caso Virgilio, VI libro dell’Eneide, parla di Inferni ianua Regis; o ancora, Cristo in gloria, raffigurato nel timpano dei portali delle cattedrali gotiche, è la ‘vera porta’ (Christus ianua vera): per la ianua si accede alla Rivelazione.
Alla luce di questi due celebri esempi (ce ne sarebbero molti altri), susciterebbe interesse porsi la seguente domanda: i romani mettevano in connessione la porta IANUA con il dio IANUS? La risposta, com’è facile supporre, è affermativa. Il legame, d’altro canto, appare evidente anche in altre espressioni latine: basti citare la porta IANUALIS o il mese IANUARIUS. L’esegesi di questa relazione risiede ed è eloquentemente esplicata in un noto passo del De Natura Deorum di Cicerone:
«Principem in sacrificando Ianum esse voluerunt, quod ab eundo nomen est ductum, ex quo transitiones perviae iani foresque in liminibus profanarum aedium ianuae nominantur».
Il legame religioso che i Romani presupponevano in questa parola è attestato anche dalle parole di Servio: «Ianua…est primus domus ingressus , dicta quia Iano consecratum est omne principium». Non a caso, Giano è il dio delle porte e dei passaggi; Giano assume il compito precipuo di presiedere tutti gli inizi e, in particolare, quello dell’anno (da cui il mese gennaio). Personificato e divinizzato, Giano, infine, simbolizza il passaggio obbligato e sacrale tra due percorsi opposti (si parla, per l’appunto, di IANUS ANCEPS).
Pertanto, ciò che caratterizza quest’occorrenza lessicale è proprio il carattere sacrale, irrazionale e soprannaturale di un tale passaggio. Una porta antropomorfizzata (come quella rappresentata da Catullo nel carme 67 che in seguito esamineremo), non può non essere contraddistinta da un prerogativa di tal genere.
A riprova della connessione semantica che intercorre tra IANUA, IANUS e IANUARIS PORTA, ci sembra doveroso trascrivere le fonti – alcune delle quali già citate – e le attestazioni (con relativa e specifica bibliografia) che dimostrerebbero in maniera irrevocabile la relazione stessa:
Ianua
CIC. Nat. deor. 2, 67: Principem in sacrificando Ianum esse voluerunt, quod ab eundo nomen est ductum, ex quo transitiones perviae iani foresque in liminibus profanarum aedium ianuae nominantur. SERV. Aen. 1, 449: Ianua…est primus domus ingressus , dicta quia Iano consecratum est omne principium. Vd. anche: COMMENT. Lucan. 5,6; CASSIOD. In psalm. 73,5-6 1. 170 A; ISID. Orig. 15, 7, 4
Ianualis porta
VARRO. Ling. 5, 165: Tertia porta est Ianualis, dicta sub Iano. MACR. Sat. 1,9,17: Bello Sabino…porta quae sub radicibus collis Viminalis erat…postea ex eventu Ianualis vocata est. cf. 18 cum…Sabini per portam patentem inrupturi essent, fertur ex aede Iani per hanc portam magnam vim torrentium undis scatentibus erupisse.
Ianus
CIC. Nat. deor. 2, 67 (cit.). SERV. auct. Aen. 7, 610: Quidam Ianum Eanum dicunt ab eundo. MACR.. Sat. 1,9,11: Alii…voluerunt Ianum…ab eundo dictum…;unde et Cornificius [GRF 475,2] etymorum libro tertio: Cicero, inquit, non Ianum sed Eanum nominat, ab eundo. OV. Fast. 1,127: Praesidio foribus caeli…inde vocor Ianus cf. 2,51 TERT. Coron.13: Ianum a ianua TERT. Idol. 15; MACR.Sat. 1,9,7; GLOSS. Plac. I,7; ISID. Orig. 8,11,37 PAUL. FEST. 52: Chaos appellat Hesiodus (Theog. 116) confusam quandam ab initio unitatem, hiantem patentemque in profundum. Ex eo et Chaschein Graeci, et nos hiare dicimus. Unde Ianus detracta aspiratione nominatur id, quod fuerit omnium primum (cf. OV. Fast. 1,103).
Ma la lingua latina non si limita a queste accezioni, pur esaurienti. Meglio non allungare il brodo. Alla prossima.
Lorenzo Dell’Oso