A leggerne il titolo, potrebbe persino pensarsi a un party giamaicano, messo in piedi da qualche nostalgico – e neppure tanto – dei reggae-time di Bob Marley.
In realtà ci si sta riferendo a tutt’altro.
Pur’anche mistico, durante la sua breve vita (è singolare il fatto che visse soli 76 giorni in più del nostro Giacomo Leopardi che proprio ne ereditò in parte il pensiero), fu quel multiforme scienziato francese di Blaise Pascal a “pensare” per primo alla canna.
«L’uomo non è che una canna, la più fragile di tutta la natura; ma è una canna pensante.
Non occorre che l’universo intero si armi per annientarlo: un vapore, una goccia d’acqua è sufficiente per ucciderlo. Ma quand’anche l’universo lo schiacciasse, l’uomo sarebbe ancor più nobile di chi lo uccide, dal momento che egli sa di morire e riconosce il vantaggio che l’universo ha su di lui; l’universo invece non sa nulla.
Tutta la nostra dignità sta dunque nel pensiero. È in virtù di esso che dobbiamo elevarci, e non nello spazio e nella durata che non sapremmo riempire…
[omissis]
La grandezza dell’uomo è grande in questo: si riconosce miserabile. Un albero non sa di essere miserabile. Dunque essere miserabile equivale a conoscersi miserabile; ma essere grande equivale a conoscere di essere miserabile.
Non mi sento neppure di chiosare queste parole che suonano come una sentenza già scritta da oltre quattrocento anni.
Eppure, ogni volta, giù tutti a chiederci perché, per come… e per quanto ancora.
La risposta è – ahimè – insita nella più che deprecabile (forse disprezzabile) umana natura e nelle sue contraddizioni, ma è altresì inutile cercar risposta, quand’essa è riposta in natura, per quanto essa possa rivelarsi “ignorante”.
E lo stesso Leopardi ripercorse questi concetti circa centosettanta anni dopo, condendoli della sua perenne attrazione: l’infinito.
«Che cos’è in fondo l’uomo nella natura? Un nulla rispetto all’infinito, un tutto rispetto al nulla, un qualcosa di mezzo tra il niente e il tutto. Infinitamente lontano dall’abbracciare gli estremi, la fine delle cose e il loro principio gli sono invincibilmente nascosti in un impenetrabile segreto, ed egli è ugualmente incapace di vedere il nulla da cui è stato tratto e l’infinito dal quale è inghiottito».
Non abbisogna neppure essere “pessimisti cosmici” per giungere a ciò.
Occorre semplicemente che la “canna pensante” si attrezzi anche di una “canna fumante” e questa legge di natura trasfigurerà addirittura forse in paradosso.
E innumerevoli se ne contano.
Il Premio Nobel per la pace è consegnato in nome di colui che scoprì la dinamite, ma meglio dire “inventò”, dunque cercandola (e ricavandone poi anche decine di brevetti!), sebbene, nel diritto civile, inventio equivalga a ritrovamento.
In tarda età, lo stesso Nobel si rese conto della perniciosità delle sue stesse scoperte e forse per pareggiar coscienza istituì lui stesso il premio, tanto conosciuto e oggi ambìto.
Fortunatamente a Falcone e Borsellino nessuno lo ha mai assegnato.