9/12/2011 La ragazza sul ponte

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Riflettendo som-mestamente ma quel ch’è bastante a che un rigagnolo di voce sia udibile, ormai più che un rally di Natale questo mese di dicembre in borsa sta disvelandosi per un infinito Ponte

Ponte forse verso il 2012… ponte verso qualcosa d’altro, ma ciò che regna, non disturbato e sovrano, è l’insoluto, tanto che l’altro celeberrimo e storico “ponte della filmografia” – prima di Cassandra Crossing – quello sul Fiume Kway!… lascerebbe addirittura e troppo l’idea di un qualcosa di “tremendamente finito”, sebbene le consonanze non sarebbero mancate.

E qui per l’intanto – purtroppo o forse bene – non è proprio ancora finito nulla, né in un senso tragico, né tantomeno in uno salvifico.

L’euro e, con esso, i mercati finanziari, han fornito l’impressione di essere sospesi tra vita e morte, ma quasi in assenza di emozioni, come timorosi e silenti…

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E di lunghi silenzi e intagli musicali – oltretutto in splendido bianco e nero, forse anche troppo “bianco e nero” e unica pecca – è costruita a mosaico questa gemma del regista francese Patrice Leconte, datata 1995, appunto con un Ponte in mezzo (e non solo!), La fille sur le pont, storia – se vogliamo – banale e misteriosa insieme, in cui il mito freudiano eros e thanatos assurge in tutta la sua palese e apparente dicotomia e al tempo stesso nell’interezza del suo indissolubile legame.

Quel legame che faceva dire a Egon Schiele, pittore austriaco, dalla tormentata esistenza, e pupillo di Gustav Klimt:

«Tutto ciò che vive è anche morto, porta in sé il suo esistenziale compimento, fin dall’istante del concepimento»

E vieppiù l’eros (pulsione di vita) si accosta al tormentato thanatos (pulsione di morte), lo stesso dualismo intrinseco, trova ragione d’estrinsecare il suo avvolgente mistero, come foglia che avvizzendo avviluppa e chiude su di sé i fiori della bella stagione.

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La ragazza sul ponte è racconto e narrazione di una giovane e sensuale aspirante suicida, “sottratta” nel suo gesto e da un tuffo disperato nella Senna (che forse mai avrebbe compiuto!), da un lanciatore di coltelli che dunque la invita con sé e a partecipare ai suoi spettacoli, mettendo così in scena il suo numero migliore, in cui (apparentemente) la ragazza sceglie di vivere per un’alternativa via di morte, se questa dovrà venire.

Dunque un gioco-labirinto di vita e morte vissuto maggiormente sotto le luci della ribalta (già “vissuto” basterebbe a conciliarne le differenze), sebbene luci in polvere e disperate lucciole, ma con lei almeno più protagonista di una sfida e, se nella sfida è inclusa la morte, lo stesso trapasso trasfigurerebbe, da dramma e fatto singolo, a dramma collettivo, considerando che, ogni volta si diparte qualcuno che ci ha fatto vivere un attimo, per quel breve attimo, moriamo e sfioriremo anche noi.

Come allora non ravvisare in questa ragazza sul bordo del ponte, con i piedi malfermi in un sottile sforzo di disequilibrio che possa favorir caduta o stallo, la nostra malferma e acciaccata Europa?

Occorre tuttavia riallacciarsi anche e ancora a Egon Schiele, per tornare alle radici di questa Europa e, se è vero che ciò che è nato porta in sé anche la sua fine, occorrerà chiedersi se l’Europa Unita sia davvero mai nata, giacché in tal caso non potrebbe neppure fatalmente perire!

La tanto pubblicizzata, prima che vaticinata, Unione Europea è sorta – doveroso è il dirlo senza tema di smentita – per somma necessità e urgenza e trae le sue origini dalle ceneri sbrindellate e dalle macerie lacere della Seconda Guerra Mondiale e dunque come non ravvisarne stato di pericolo e di bisogno?

In diritto privato, il contratto stipulato in tali condizioni è addirittura annullabile: mai controfirmato o sottoscritto!

Il Trattato di Roma del 1957 (con esso nacque la CEE), oggi al contrario non è rinegoziabile: sarebbe uno schiaffo ai fondatori del credo unito e poi è camaleonticamente mutato.

Si è trasformato; è stato reinventato.

Anzi, ben in realtà non esiste più: si è reincarnato nel da tutti conosciuto Trattato di Maastricht (1992), ovvero quello con il quale è stata definitivamente sancita la reale Unione Europea.

Ma come facilmente si arguisce, esso è figlio (dunque “nato”) di quanto sottoscritto trentacinque anni prima a Roma.

In mezzo c’è stato un boom industriale, una spaventosa crisi petrolifera e per finire con fatti più endemici, la grossa crisi italiana del settembre 1992, dopo la calda estate di sangue mafioso.

Questi non sono pericoli, bisogni e urgenze?

Siamo dunque noi italiani a onorare due Trattati, padre e figlio, per condizioni soltanto di necessità, post belliche le prime, post mafiose (o come dir si voglia) le seconde. Ma non ci è data possibilità alcuna di “denunciare” tutto ciò…

Giacché un contratto si annulla per vizio ovvero per errore formale, violenza o infine per dolo; un trattato lo si subisce o nell’attimo in cui lo si denuncia è per scatenare un conflitto.

Noi conflitti non ne vogliamo, ce ne guardiamo bene, ma ci siamo finiti in mezzo e allora come uscirne?

Chi ha partorito il “nato morto” deve ora riconoscere quel figlio e constatarne il decesso già avvenuto allora, cinquantaquattro anni fa.

D’altra parte, sarebbe deceduto ora per cause naturali, ma l’Europa e la sua Unione è una “storia impossibile”.

È davanti agli occhi di tutti, inutile negarlo… è un amore dettato dalla necessità e dal caso, quasi proprio come quello che può incontrare una sola Ragazza sul ponte

Certo che se poi giunge il lanciatore di coltelli a salvarla!…

A tutto sarà esposta, a un altro giro, a un’altra corsa, poiché nei mercati finanziari la ruota non si ferma mai…

Valerio Peracchi

(www.fibonacciwaves.it)

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