Edward si era trovato a dover passare per Milano per ragioni di lavoro. Non aveva mai visto quella città e si concesse una mezza giornata di svago per “assaporarla”.
Purtroppo in quelle poche ore trovò ben poco per cui rilassarsi. Clacson di automobili che suonavano ai semafori per un verde non prontamente avvertito, gente nei supermercati intenta a prendere a male parole la vecchietta di turno che faceva perdere tempo alla cassa, impegnata com’era a scovare l’ultimo centesimo di euro per pagare la magra spesa fatta. Si fermò in un caffè e subito avvertì un senso di disagio nel percepire il fiato sul collo del cliente successivo, sbuffante per la lunghezza di una coda per lui troppo lenta.
Edward ritornò nella sua stanza d’hotel amareggiato e subito gli affiorò alla mente una domanda: «Per quale misterioso motivo un paese che corre non cresce?».
Nella seconda metà del diciannovesimo secolo, Emil Kraepelin, psichiatra tedesco discepolo di Wundt, riuscì a sintetizzare in un’unica patologia diversi comportamenti tenuti dai suoi pazienti. Essi ricordavano la demenza senile; l’unica differenza è che tali manifestazioni si presentavano in pazienti in età non avanzata. Lo psichiatra decise di chiamare tale patologia demenza precoce. Kraepelin aveva scoperto quella che qualche anno più tardi, nel 1908, lo psichiatra svizzero Eugen Bleuler definì: “schizofrenia”.
Senza addentrarci troppo nello specifico, se si parla di schizofrenia si parla di coscienza in senso psicologico che, secondo la scarna descrizione che ne fa Wikipedia, è: «una funzione psichica che comprende un elemento riflessivo, la consapevolezza del proprio essere e della propria realtà psichica e uno integrativo, per cui le varie realtà psichiche (desideri, pensieri, idee, sentimenti ecc.) di cui l’individuo è conscio in un dato momento sono vissuti e avvertiti come un tutto organico alla base dell’unità dell’individuo stesso, separate dal mondo esterno e che si evolvono nel tempo. La coscienza è uno stato di vigilanza, la capacità di percepire gli stimoli sensoriali e di portare avanti e controllare i processi del pensiero. In psicologia, è lo stato o l’atto di essere consci.»
Una delle manifestazioni principali che colpisce i pazienti affetti da disturbo schizofrenico viene definita “sindrome di depersonalizzazione”. Con questo termine si identifica uno stato profondo di alterazione dell’io in diversi ambiti. Tale sindrome raggiunge, a livello estremo, lo stadio detto processuale, nel quale si manifesta una continuità evolutiva della disgregazione della personalità.
Per comprendere le tre forme principali di schizofrenia, così come identificate da Kraepelin nella sua demenza precoce, e cioè quella catatonica, paranoide ed ebefrenica, bisogna affidarsi ad un esperimento dello scienziato russo Ivan Pavlov, denominato esperimento cerchio-ellisse. In tale esperimento si poneva un cane di fronte a una immagine, con due bottoni su cui poter premere: se l’immagine era una circonferenza il cane doveva premere il bottone A, se era un’ellisse doveva premere quello B; se sbagliava bottone o non ne premeva nessuno entro un determinato lasso di tempo, seguiva una scossa elettrica. Tramite il riflesso condizionato il cane apprendeva ad associare l’immagine al corrispettivo bottone, con annessa assenza di dolore. Dopo che l’animale aveva imparato bene le risposte, si induceva un elemento di confusione, ottenuto avvicinando i fuochi delle ellissi finché il cane progressivamente non riusciva a distinguerle da una circonferenza. Il cane entrava quindi nella confusione cercata, e tentava di capire come rispondere. Di fronte all’incertezza sistematica si rilevò immancabilmente uno di questi tre tipi di strategia di azione: I) il cane si rifiutava di dare una risposta, continuando a soffrire il dolore per le scosse a fronte dell’indifferenza delle sue reazioni per evitarle; II) il cane si sforzava di rispondere correttamente, cercando parossisticamente di affinare o rielaborare associazioni che gli permettessero di evitarle; III) il cane rispondeva a casaccio, indifferente all’associazione che gli suscitava lo stimolo visivo.
Se dovessimo ora guardare ai comportamenti, o meglio alle risposte date e da dare, delle autorità politiche ed economiche europee ed italiane negli ultimi dieci anni, dinnanzi a quale delle tre forme di schizofrenia ci troveremmo di fronte? Se volessimo antropomorfizzare il concetto di stato ed analizzarne i comportamenti come quelli di un unico individuo potremmo azzardarci ad affermare di trovarci nello stadio processuale della sindrome di depersonalizzazione? Di fronte cioè ad una continuità evolutiva della disgregazione della personalità?
Direi che possiamo tranquillamente affermare che negli ultimi anni abbiamo attraversato la prima fase; catatonica: di fronte ai continui cambiamenti ed anche ai piccoli ma nuovi avvenimenti che ci proponevano i mercati e l’economia mondiale, l’Europa, spesso con l’Italia in testa, si è rifiutata di dare una risposta accentando con indifferenza la visibile deriva verso la quale quegli avvenimenti avrebbero portato (il dolore del cane di Pavlov). Potremmo parlare in questo caso di indifferenza.
Abbiamo vissuto la seconda fase; paranoide: di fronte al cambiamento, ed arrivati al punto in cui l’indifferenza non poteva essere la soluzione, abbiamo cercato di trovare nuove risposte per evitare il naufragio completo. Se nella fase catatonica abbiamo parlato di indifferenza, in questo caso riscontriamo l’incapacità.
Così facendo ci troviamo oggi ad affrontare la terza fase; ebefrenica: avendo preso coscienza della nostra indifferenza prima ed incapacità poi, abbiamo iniziato a rispondere senza seguire una via precisa, anzi proprio come il cane di Pavlov, a casaccio.
Si corre ma non si cresce, si era domandato Edward. La risposta sta nella natura stessa della malattia schizofrenica. Si corre perché si è convinti di vivere in un paese che cresce. Purtroppo questo sarebbe un magnifico Dottor Jekyll, anche se la realtà spesso è Mr. Hide.