«Gli italiani, in pratica, lavorano per 7 mesi all’anno per pagare tasse e contributi, consapevoli che questi soldi non saranno mai spesi bene, ma saranno impiegati per pagare gli enormi stipendi dei politici. In nessun paese d’Europa i politici arrivano a questo livello di spesa. »
Così il prof. Edward Luttwak sintetizzò diversi anni fa la questione morale del nostro Paese. Nel frattempo, purtroppo, nulla è cambiato per quanto attiene l’etica dei nostri governanti.
Sono invece cambiati:
– il numero dei veicoli immatricolati, che oggi è tornato pari a quello degli anni ’50 (Fonte: “Il Sole24Ore”, 3 settembre 2012);
– la spesa media delle famiglie, che fatta pari a 100 quella del 2007, oggi supera di poco i 97 punti (fonte: Associazione Giornalistica Retail Watch);
– il reddito pro-capite a parità di potere d’acquisto, che è passato dagli oltre 31.000 US$ del 2007 a meno di 29.000 US$ del 2009 (fonte: Fondo Monetario Internazionale);
– i mesi che lo Stato ci ruba, che sono diventato quasi 8.
Colpa della crisi, certo, ma i Paesi che affrontano la crisi con le spalle ben coperte (ovvero con un ragionevole rapporto debito pubblico/PIL) se la cavano decisamente meglio di quanti l’affrontano in braghe di tela.
In Italia, ad esempio, il rapporto debito / PIL è passato dal 103% del 2007 al 120% del 2011 ed il primo responsabile di questo scempio è innegabilmente il governo di centro destra, ma anche l’opposizione non è certo stata esente da colpe.
Forse, in quegli anni, qualcuno ha spostato l’oggetto della discussione politica dal tema della giustizia a quello dell’ economia? Sembrava che l’unica cosa importante fosse decidere se le carriere del corpo giudicante e dei pubblici ministeri dovessero essere separate o meno, se determinate leggi fossero ad personam o no, se l’art. 18 fosse modificabile o se fosse un dogma, se fosse opportuno garantire un reddito minimo ai precari (come se il problema del precariato potesse essere risolto per decreto anziché attraverso l’aumento della competitività delle nostre imprese!).
Ebbene, drogati da questi falsi dilemmi, abbiamo del tutto trascurato le questioni reali: la perdita di competitività, l’indebolimento della rete delle piccole e medie imprese che rappresentava il nerbo produttivo del nostro Paese, l’evaporazione di un ceto medio ormai scivolato verso le fasce più deboli della popolazione, la perdita delle migliori professionalità inesorabilmente emigrate all’estero, il peso eccessivo dell’apparto statale rispetto alla capacità di produrre reddito.
Abbiamo volutamente ignorato il principio fondamentale dell’economia: se qualcuno percepisce un reddito che non ha prodotto, significa che qualcun altro ha prodotto un reddito senza averlo percepito e, aggiungo io: se nessuno produce il reddito percepito da alcuni, il debito pubblico aumenta.
Nessuno, dico NESSUNO, ha posto l’accento su tali problematiche. Anche di fronte allo spettro dell’ingovernabilità, l’obiettivo dei nostri politici sembra essere quello di non concedere nulla agli avversari, invece di sedersi attorno ad un tavolo e trovare soluzioni condivise agli innumerevoli ed impellenti problemi della nostra società.
Torna invece comodo uno Stato che dissangua l’economia per rimpinguare le casse dei partiti, casse talmente traboccanti d’oro da rendere impercettibile la mancanza di qualche milione di euro. Tornano comodi i lauti compensi dei parlamentari, dei consiglieri regionali, dell’infinita pletora delle cariche elettive, delle commissioni e dei cosiddetti “consulenti”.
Qualcuno, sicuramente, mi taccerà di qualunquismo, del resto con i miei precedenti interventi su queste pagine mi sono già meritato l’epiteto di “sovversivo”, ma come direbbe l’amico Paolo Zanocco, poeta e cantante pavese, non mi interessa e vado avanti.
Tuttavia, a quanti cercano di portare alle estreme conseguenze alcune mie affermazioni al solo fine di farle sembrare ridicole (secondo il ben noto stratagemma denominato da Schopenhauer, nella sua opera “l’arte di ottenere ragione”, omonimia), chiedo semplicemente se non si siano mai confrontati con qualcuno degli oltre 5 milioni di pensionati al minimo (Fonte: Ministero dell’economia e della finanza), ai quali non basteranno due rate di pensione per pagare l’IMU (ammesso che una casa ce l’abbiano ancora) e, come se non bastasse, dovranno mettersi in coda alle Poste per versare l’ulteriore obolo di 3 Euro, al solo fine di ottenere un documento che qualsiasi sostituto d’imposta ha l’obbligo di consegnare al sostituto: il CUD.
Se qualche volta uso parole forti, è solo perché credo che un popolo affetto da narcolessia necessiti di qualcuno che, di tanto in tanto, gli butti in faccia una secchiata di cruda realtà.
Rino Lanzi
Dottore Commercialista e Revisore Legale dei contiVia Torchietto 4 – 27100 Pavia
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