Ecce Tsipras

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di Paolo Rossi

La vittoria di Tsipras alle elezioni greche è stata accolta dalla sinistra dei senza se e senza ma in un tripudio di salti sul carro del vincitore. Un’abitudine, questa di intestarsi senza merito alcuno vittorie di qualunque partito di sinistra esistente nell’orbe terraqueo, ormai tanto inveterata quanto provinciale. Fa molto intello-engagé, occuparsi di quanto bolle nei pentoloni altrui, forse per dimenticare la sostanziale ininfluenza in casa propria.

La storia della sinistra/sinistra italiana è un susseguirsi di fughe dalla responsabilità di governo, di scissioni furibonde, di fuochi fatui giornalistici, narrazioni piagnucolose e voti finiti alla Lega.

Di cosa sarà capace Syriza e il suo leader lo vedremo nei prossimi mesi; e speriamo bene.

Intanto sui media italiani si sprecano i ritratti sul vincitore, soprattutto ne tratteggiano il lato glamour. Puntuali photo gallery ci mostrano un bel giovine capelluto in vacanza oppure, con un ciuffo quasi alla Leningrad Cowboys, ad una trasmissione televisiva anni 90. Ohibò, ma questa cosa mi sembra di averla già vista. Zelanti, ci informano della sua laurea in ingegneria, che ha una compagna (la stessa da 20 anni) e che al giuramento da capo del governo è andato senza cravatta e senza arcivescovo pronto a benedirlo.

Poi, velocissimo, senza neanche un cinguettìo d’avvertimento, ha stretto un’alleanza di governo. Con un partito di destra. Anche questa mi sembra di averla sentita. E a questi alleati ha dato il ministero dell’interno (continuano i dejà vu) e quello della difesa. Meglio tenersi buoni quelli che, quando gli è girato il partenone, zac colpo di stato e via. E poi, nel caso ci siano ancora disordini nelle strade i manganelli che spaccheranno qualche testa non saranno mica quelli di Syriza, ma dei suoi alleati. Insomma di estrema sinistra si, ma anche abbastanza accorto (o paraculo?).

Intanto, questa vittoria largamente annunciata, qualche bruciore di stomaco e qualche fremito ribelle in giro per l’Europa lo ha provocato. Resterà nell’euro, pagherà i debiti, continuerà la stretta austerity?

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La cosa che più impressiona delle proposte che fanno i cosiddetti partiti euroscettici per tentare di uscire dalla crisi in cui si è avvitata l’Europa è che tutti pensano che la soluzione sia tornare indietro, in una sorta di «Ah, come si stava meglio prima».

A mio parere, invece, la critica più feroce che si dovrebbe fare all’Unione, come è concepita adesso, è di aver fatto le cose a metà. Come tutti sanno, fino alla noia, uno dei capisaldi nel definire lo stato è la sovranità su alcuni ambiti precisi: moneta, fisco, difesa e politica estera. Bene in Europa si è deciso di costruire un’Unione con una moneta unica senza cessione di sovranità per gli altri ambiti.

Come puoi pensare di governare una crisi economica utilizzando degli strumenti incompleti e farraginosi? I rapporti fra i contraenti di questo patto (tali sono i trattati che istituiscono l’UE ) sono regolati solo sulla base della forza economico-diplomatica di ciascuno di loro e, in alcuni casi a capocchia, come per il famoso tetto del 3% del rapporto debito/pil. È ovvio che finché l’Unione resterà solo una specie di club economico in cui chi volesse accedere deve avere determinati requisiti e in cui le decisioni vere devono essere prese all’unanimità e non a maggioranza, difficilmente ci sarà possibilità di risposte vere ed efficaci alla crisi.

E le uniche risposte che sembreranno plausibili saranno quelle di coloro che vogliono uscire da questo club. Che si lamentano perché l’Europa vuole che si peschino le vongole di 2,5 cm senza capire che è grazie all’Europa che uno può viaggiare da un paese all’altro dell’Unione con la certezza che per ricaricare il cellulare non si dovrà portare dietro 5 trasformatori e 7 spine diverse. Perché l’Europa ha deciso che si usa la corrente a 220V e le spine possono essere o Schuko o piatte. Certo, poi scopri che la presa Schuko è un brevetto tedesco.

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