di Paolo Rossi
Lunedì 23 marzo su “La Stampa”, denso e bell’articolo di Mario Deaglio che s’interroga sul futuro economico dell’Italia alla luce del passaggio del controllo di Pirelli a un megagruppo cinese. Il succo della sconsolata analisi è: se ci vendiamo pezzi importanti del nostro tessuto industriale che prospettive ci possono essere se si continua con questo inarrestabile spoglio.
Effetto non secondario di questa vendita è che Pirelli uscirà dal listino di Piazza Affari, togliendo ulteriormente appeal per un possibile investitore interessato al mercato italiano e rendendo sempre più periferica la nostra economia nel mondo globale. Deaglio ricorda anche come la vendita di Borsa Italiana, pochi anni fa, abbia di fatto già depotenziato l’asfittico mercato azionario italiano, sul quale neanche la corposa disponibilità di risparmio degli italiani sembra avere attrattiva. Il tutto, conclude Deaglio, nel completo disinteresse della classe politica intenta a disquisire se bene ha fatto Lupi a togliere il disturbo e le castagne dal fuoco di Matteo.
Una classe politica che cura con pannicelli caldi la crisi di un paese senza politica industriale da decenni. L’unica “politica industriale” che interessa è quella ormai venuta fuori come un vero e proprio Sistema: opere pubbliche. Siamo un paese di muratori, neanche tanto liberi. Si costruiscono capannoni destinati a rimanere deserti, migliaia di metri cubi di abitazione, chilometri di strade inutili (Brebemi, Pedemontana), viadotti con la sabbia, metropolitane al costo del programma Apollo con il quale gli americani sono andati sulla Luna (e città come Milano e Roma hanno insieme la metà dei chilometri di metropolitana di Parigi o Londra).
Intanto, come abbiamo visto, la presenza economica cinese fa il salto di qualità. Da situazioni illegali e, se vogliamo, folcloristiche delle chinatown di Prato e Milano, dei ristoranti e dei sushi bar, si passa a megagruppi che comprano pezzi di economia vera come Pirelli, caso eclatante, ma entrano anche in altri settori, come ad esempio il calcio.
Si comprano il Pavia Calcio, squadra che singhiozzava nei bassifondi della terza lega professionistica, ne fanno una compagine forte che si gioca, in questa stagione, la salita alla Serie B; calcio che quasi conta. Si vede che il calcio Lombardo piace nel Far East, visto l’Internazionale di Tohir e i rumors sulla cessione di quote del Milan a investitori cinesi. Per ora, le squadre meneghine hanno adeguato il loro livello di gioco allo standard asiatico.
Sempre in Italia ha cominciato a far sentire la propria voce GB Times una media company a capitale cinese che apre stazioni radio in vari paesi europei per creare una sorta di ponte culturale fra le comunità cinesi e il paese in cui sono insediate con trasmissioni di intrattenimento in lingua e trasmissioni bilingui sempre in ottica “China related”. Insomma i cinesi negli anni scorsi hanno iniziato a investire pesantemente fuori dall’Asia andando in Africa in paesi in via di sviluppo e adesso beh, eccoli da noi.