Mangia ch’è bbuòn’!
di Gianluigi M. Riva
Si sa, siamo ciò che mangiamo.
Dunque noi – specie se italiani – siamo maiali e vacche (un binomio con una buona concordanza)! In generale siamo animali. E in effetti l’uomo è l’unico animale che pensa di non essere tale…
Eppure il più del 50% della comunicazione avviene in maniera non verbale, più dell’80% dei nostri comportamenti è istintivo e/o abitudinario e la più parte – ma non c’è una percentuale – dei nostri processi di decisione, avvengono tramite operazioni inconsce e subconsce del cervello. Le emozioni sono reazioni chimiche, condizionate dall’ambiente e dal cibo. Le azioni, spesso, sono risposte automatiche a stimoli sensoriali esterni.
Quindi, anima in pace: siamo scimmie depilate con qualche manciata di genoma in più. E da qualche parte, nascosto in questo genoma, c’è l’origine, il codice di un comportamento unicamente umano: la crudeltà.
Gli evoluzionisti non hanno ancora trovato uno scopo per tale atteggiamento, assente anche nei nostri parenti più prossimi. Ma come non lo hanno trovato per l’adolescenza o la barba.
Sta di fatto che, dal punto di vista del diritto, la crudeltà attiene al campo penale. E non è che sia presa in così tanta considerazione. Chiariamo: esiste l’art.61 comma 4 codice penale, che vuole la crudeltà e le sevizie come aggravante. Poi c’è il 533-ter per il maltrattamento degli animali.
Il problema è definire la crudeltà. Anche i dizionari fanno fatica. I più la definiscono, in negativo, come assenza di pietà per il dolore altrui. …che però è la spietatezza. Altre definizioni stanno a cavallo tra il procurare di proposito altrui dolore (atrocità), il piacere nel procurare l’altrui dolore (sadismo), o l’indifferenza verso l’altrui dolore (cinismo).
Ma guardando bene il comune denominatore è il dolore. Quindi potremmo dire che chi è crudele è assente di empatia.
Bene. Facciamo un personalissimo autotest di empatia: come stiamo messi?
Ci sentiamo crudeli a mangiare polli, maiali, conigli, agnelli, vitelli ed ogni sorta di quadrupede che ci zampetta attorno?! Probabilmente no. Perché non andiamo noi al macello a sgozzarli e a scuoiarli. Ma il macellaio, per fare quel lavoro, ha bisogno di distacco, di non essere empatico. Di essere vagamente, in qualche modo, crudele. Un po’ come il medico ha bisogno di distacco dai pazienti. Quindi grazie macellaio per la tua crudeltà, grazie alla quale ho mangiato anche oggi. Però ti dovrei imputare il 533-ter, a rigor di logica (e a leggere le cronache di ciò che succede nei macelli).
Eh sì, perché non ci sentiamo crudeli, ma ci sentiamo sicuramente in grado di giudicare (gli altri). L’esempio è quello – noto – del festival dei cani in Cina. (Ma noi non abbiamo la sagra del cinghiale, del cicciolo d’oca o della salama da sugo)?!
Come sempre ci sono una marea di luoghi comuni e disinformazione. Ma fa audience. In effetti in Cina il cane non va molto in voga. È un piatto costoso e strano, che viene mangiato soprattutto in alcune provincie del sud. Più che altro sono Vietnam e Corea del Sud che ne sono ghiotti.
Essi sono immorali e retrogradi, poiché mangiano il migliore amico dell’uomo.!!! Dell’uomo occidentale. In effetti noi mangiamo il coniglio, il cavallo, l’asino e la vacca, le lumache, le rane, la pajata (intestino con latte digerito …sostanzialmente più vicino all’uscita che all’entrata), il nero di seppia, le interiora e tante altre prelibatezze. Che però in altri paesi sono animali sacri, domestici o semplicemente cibi che farebbero schifo.
Passiamo oltre: non è un problema di tipo di cibo, ma di come questo cibo viene allevato e macellato. Bene: parliamone.
Quante etichette leggete dei cibi che comprate? Tra codici e diciture si dovrebbe risalire al tipo di allevamento nel quale il nostro “cibo” vive(va). E da noi non sono mica vietati gli allevamenti intensivi. Ecco, quando ci indigniamo per i cani cinesi stipati nelle gabbie, indigniamoci anche dal rosticciere, per i polli arrosto. Hanno vissuto peggio dei cani cinesi.
Un allevamento intensivo è come quando siete stipati sull’autobus gremito di gente all’ora di punta, magari d’estate. Ecco, pensate a vivere così. Dovendo respirare, fare i vostri bisogni, e nutrirvi. Tutti assieme. Finché morte non vi separi. E speriamo non abbiate lussazioni, fratture o stiramenti. Perché non gliene frega niente a nessuno ragazzi. C’è solo da avere un po’ di pazienza, fintanto che non si esce orizzontali.
Così vive la maggior parte degli animali che ci nutriamo. Ma leggerlo non fa effetto. Forse è meglio andare a vedere qualche video su com’è il mondo prima del supermercato. E quando un animale è stressato, emette cortisolo ed altre sostanze nocive, che entrano in circolo. E si ammala. Così per prevenire questo, viene bombato di medicinali, antibiotici, vaccini, vitamine e tanto, tanto cibo scadente e a poco costo. E chi sta in fondo alla catena alimentare? Sì, indovinato.
Ma gli allevatori sono tutti crudeli allora?! Eppure è così bello trovare al supermercato la carne in offerta e pagare poco. L’industria – tutta – lavora così perché noi non vogliamo più pagare il giusto prezzo delle cose. Vogliamo pagare poco. Meno. Anzi, meglio non pagare.
Quindi abbasso i cinesi cattivi che mangiano Fufi e viva il foie gras dei cugini franchi, che fanno ingurgitare a forza il cibo alle oche, per ingrassarle velocemente.
Facciamo tanto gli animalisti, ma esiste un diritto degli animali a vivere in maniera – quantomeno – decente? Semplice: no.
Esiste quello di non essere maltrattati. E comunque dipende dall’animale, perché ad esempio con maiali, vacche e pollame siamo certamente più permissivi. Ci trastulliamo di “diversamente quello” e “operatore di questo”, ma non abbiamo poi così tanta difficoltà a distinguere il resto del mondo non umano, in razze e privilegi.
Ora però, non passiamo per moralizzatori. Il cibo serve. Non tutti sono e non tutti vogliono essere vegetariani. A proposito, gli scimpanzé mangiano carne (cacciano altre specie di scimmie). E, a proposito, le scarpe, le cinture e le borse che indossate, probabilmente sono fatte di cuoio.
Siamo animali. E siamo animali onnivori. Che possono scegliere di non mangiare altri animali, così come possono scegliere di non fare soffrire gli animali che mangiano. E far condurre loro, almeno, un’esistenza dignitosa. Troppo sentimentale?! Bene, allora mettiamola sull’utilitaristico: fa meglio alla nostra salute e all’ambiente.
Il problema è che spesso si passa da un estremo (la crudeltà o l’indifferenza …e l’indifferenza è anche quella del consumatore che non vuole sapere da dove viene quello che magia, basta che paghi poco) all’altro: il fruttarianesimo e l’animalismo spinto.
Persone che umanizzano i propri animali. O che li elevano a pari rango e dignità giuridica di un essere umano.
Non ci siamo. Ognuno al suo posto. Nel rispetto dei ruoli e della natura.
Basterebbe essere un po’ ragionevoli nelle cose. E forse un po’ più consapevoli (ed educati).
Perché se non vogliamo che i prodotti cosmetici ed i medicinali vengano sperimentati sugli animali, dobbiamo anche rinunciare a quei prodotti. O accettare che vengano sperimentati direttamente sull’uomo (lo faceva un tale di nome Mengele). E chi si fa testare? Poveri, bisognosi di cure, speranzosi e disperati. Così va meglio?
Basterebbero regole più ferree e punizioni più esemplari per chi sevizia. Basterebbe un diritto più umano. Incredibile come l’aggettivo che descrive pietà e compassione sia lo stesso termine che determina l’unica specie che possiede la crudeltà.
Consoliamoci. Già da molto prima degli animalisti c’era un folto gruppo di esseri umani, tutto proiettato alla protezione e salvaguardia di maiale, vacche, cagne e molte altre specie!
Poi siamo così tanto affascinati dal cibo strano e dalla cucina etnica – Ohhh come va di moda la cucina etnica! – che potremmo anche pensare di mangiare il panda. Animale che diventa fertile pochi giorni all’anno, mentre il maschio della specie non ha voglia di riprodursi e mangia solo germogli di bambù in zone dove esso scarseggia …e non si cura di adattarsi: la natura lo vuole estinto insomma. Diamole una mano!
Oppure continuiamo a mangiare il nostro buon vecchio verro, che è intelligente come il cane e più pulito. E non può vedere il cielo poverino. Ma ha un orgasmo di 30 minuti. Che vita. …voi cosa scegliereste?
Personalmente trovo che la benda da pirata mi doni…
Dopotutto però, nemmeno noi abbiamo il diritto alla felicità. Quindi perché mai dovrebbero averlo gli animali che mangiamo? Poi spesso pure noi veniamo allevati male. Ma noi abbiamo un’anima. Gli animali no. Ah, errata corrige: le donne hanno l’anima per gentile concessione solo dall’anno giubilare 1300. Prima nisba anche per loro.