Pangiudizio farcito di tutto, con salsa di competenza

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di Gianluigi M. Riva

«Vorrei un etto di diritto, due o tre fette di giustizia e un po’ di quella professionalità che vedo in offerta per favore»

 Uno spettro aleggia sul popolo italico: la specializzazione.

Un popolo geneticamente modificato per essere culturalmente “generale”, si vede ora costretto a fare i conti con il dogma del progresso. Dalle Alpi alle Piramidi dal Manzanarre al Reno (non quello di Bologna), tutti si sono adeguati. Tutti tranne l’italica gente, ovviamente.

Il refuso di furbizia multilaterale che contraddistingue la nostra capacità di essere (semi) esperti in tanti campi è la nostra più grande forza, ma sta diventando il nostro più grande limite. Il mondo ha bisogno di specialisti.

Il corpo giudicante della penisola è formato indistintamente dalla “magistratura”. La Costituzione non fa distinzione fra “inquirente” e “giudicante”. Non c’è infatti la cd. separazione delle carriere tanto agognata da Berlusconi.

La nostra carta fondamentale in più, vieta il giudice speciale. È una forma di garanzia fondamentale. Si vorrebbe evitare che qualcuno si trovi ad essere giudicato da un giudice scelto dopo la commissione del fatto (divieto di essere distolti dal giudice precostituito per legge), nonché scelto in base a criteri di specialità indiscriminati (il giudice dei biondi e il giudice degli antipatici).

Nobilissimo intento, ma l’altra faccia della medaglia ci costringe ad avere giudici “onniscenti”, che onniscenti non sono.

È infatti irragionevole pensare che – per quanto intelligenti, per quanto formati – dei professionisti possano spaziare indiscriminatamente da una conoscenza – la più approfondita possibile – in diritto penale ad una in diritto tributario o commerciale. Poi ci sono le procedure (civile, penale, amministrativa ecc.) da conoscere a menadito. Teniamo presente che il solo diritto civile si suddivide a sua volta in (tra i molti): dir. di famiglia, dir. dei contratti, successioni… e tanti, tanti altri.

Cambiamo prospettiva: chiedereste ad un ingegnere “generico” di progettarvi casa se dovesse essere esperto in tutto lo scibile, dall’idraulica alla biogenetica?! Ragionevolmente no. Ma l’ingegnere potremmo comunque sceglierlo, mentre il giudizio dei giudici tuttologi siamo costretti a subirlo.

Un principio cardine in diritto è lo «iura novit curia», ossia il giudice conosce la legge senza bisogno che venga invocata dalle parti. Non è quindi colpa dei giudici se nel nostro sistema questo principio trova delle falle, ma del sistema stesso.

Eppure la maniera di armonizzare gli opposti principi ci sarebbe. Basterebbe – semplicemente – precostituire separati corpi di giudici specializzati, grazie ad appositi esami di accesso e specifici percorsi di formazione.

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Diciamola tutta: alla solita maniera italiana questo esiste già in parte. Ci sono le “sezioni speciali” dei tribunali. Il problema è che i giudici che ci stanno dentro sono specialisti solo per esperienza, e non per formazione.

A ben vedere poi, il nostro sistema trova sempre il modo di far emergere la propria ipocrisia: attualmente l’assegnazione dei giudici che istruiscono la causa viene fatta dal Presidente del Tribunale a suo insindacabile, incontrovertibile, discrezionale e privo di criteri regolamentari, giudizio. Vogliamo forse parlare del mondo speculare a quello dei giudici? Gli avvocati?!

Se per essere un ortopedico bisogna passare l’esame di specialità dopo la laurea e iniziare così  un percorso di approfondimento – teorico e pratico – in un dato campo, non è così per un avvocato.

Egli dopo la laurea deve fare il cd. “praticantato” (unica forma di lavoro subordinato non retribuito a non essere in alcun modo garantito e tutelato dall’Ordinamento: in pratica una schiavitù qualificata). Alla fine di questo tirocinio c’è l’esame di abilitazione, scritto e orale. La novità degli ultimi tempi è che c’è un esame preliminare per poter accedere all’esame! …ma per patrocinare (ossia difendere in giudizio entro determinati limiti), per i praticanti non c’è nessun esame!!!

L’esame di abilitazione dicevamo. Esso concerne in: tutto.

Consoliamoci col fatto che in fondo il Rinascimento poggiava sulla multi/interdisciplinarietà, che è importantissima sì, ma va abbinata ad una specialità a monte. Il tuttologismo dell’italiano medio-(alto) è una sorta di logaritmo, che ha trovato il suo modo di funzionare anche in un sistema compromesso da un virus.

Forse che quando Metternich si riferiva all’Italia come ad un’espressione geografica volesse intendere un’espressione geo-matematica?!

Ma d’altra parte, il futuro non è più quello di una volta…

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