di Stefano Masa ideatore e titolare di QuantInvest®
Regola fondamentale: vendere se tutti vendono ma attendere (ed informarsi) se tutti comprano. Come sfruttare il “COT italiano” per battere sistematicamente il mercato.
Molti investitori conoscono l’importanza di consultare periodicamente l’utile strumento denominato COT (Commitments of Traders): un vero e proprio termometro del sentiment della fiducia di chi investe e soprattutto su che cosa si investe sulla Borsa americana.
– Report estratto dal sito www.cftc.gov –
Il documento viene redatto e pubblicato dal governo americano ed evidenzia le posizioni (sia long che short) sui relativi futures azionari, obbligazionari, valutari e materie prime – il tutto suddiviso – per tipologia di operatori:
– Commercial: categoria a cui fanno riferimento i fondi comuni di investimento e banche d’affari ossia tutti coloro che in genere sono “nella direzione giusta del mercato”
– Non-Commercial detti anche Large Speculator: grandi speculatori molto aggressivi sui mercati
– Non reportable positions indicati anche come Small Traders: gli investitori che si trovano quasi sempre “dalla parte sbagliata del mercato”.
Nel vero e proprio segno della massima trasparenza la sua pubblicazione avviene settimanalmente e ritengo possa rappresentare una vera e propria bussola per ogni investitore.
Ma in Italia esiste qualcosa di simile? Non proprio anzi – vista la specificità dei dati – direi proprio di no. Ma …
Il Bel Paese Italia che si caratterizza anche per i suoi innumerevoli “ma … si potrebbe” anche in questo caso favorisce una via d’uscita per tutti coloro che hanno intenzione di risolvere una difficoltà e quindi anche l’Italia può vantare un vero e proprio “COT italiano”.
In Italia questo strumento non ha una veste ufficiale ma attraverso un semplice ragionamento si potrà arrivare ad individuarne una sua derivazione con altrettanta validità ed efficacia sui mercati.
Il mio lavoro di ricerca è partito da un semplice quesito con relativa deduzione che ne consegue: dove si trovano i soldi dei risparmiatori italiani e chi soprattutto gestisce le loro scelte di investimento?
Andando alla ricerca di possibili risposte a questa domanda il mio ricercare ha trovato strada agevole attraverso la recente consultazione della pubblicazione intitolata “I sottoscrittori di fondi comuni italiani 2002-2012” redatta da Assogestioni ovvero “l’associazione italiana dei gestori del risparmio che rappresenta la maggior parte delle società di gestione del risparmio italiane e straniere operanti nel nostro Paese, oltre a banche e imprese di assicurazione attive nella gestione individuale e collettiva del risparmio” (v. sito www.assogestioni.it).
Soffermandomi nella consultazione delle parti concernenti “Le scelte allocative e modalità di investimento” si conclude che “la maggior parte dei sottoscrittori di fondi italiani sottoscrive attraverso il canale bancario (85-90%) mentre la rimanente proporzione si è affidata alle reti di promotori finanziari”.
Detto questo il seguito al mio iniziale quesito diviene pertanto logica-operativa: se conosco il luogo dove vengono riposti i risparmi e sono a conoscenza degli “attori” che influenzano le scelte di investimento … allora non mi resta che seguire l’intero flusso di investimento e/o disinvestimento (verosimilmente come le informazioni presenti nel COT americano) per singola tipologia (es.: azionaria, obbligazionaria, ecc.) ed area geografica.
Ebbene sì, ci siamo, funziona.
Ecco presenti due documenti che contengono proprio questo tipo di dati: vengono pubblicati mensilmente e trimestralmente – sempre da Assogestioni – ed entrambi sono denominati come “Mappa del Risparmio Gestito”.
Dalla loro consultazione periodica si possono estrarre tutti i dati suddivisi per singola categoria e relativi a: patrimonio gestito, raccolta netta, raccolta netta promossa, ecc.
Oltre alla mappa trimestrale è possibile inoltre consultare un ulteriore strumento di analisi denominato Cubo dove vengono riportati tutti i dati storici: attraverso la riorganizzazione delle moltissime informazioni presenti ho cercato di testare una vera e propria strategia di investimento secondo questo principio:
“I bene informati avranno tutto l’interesse a consigliare al meglio i detentori di grandi patrimoni che – con il loro agire sul mercato – lasceranno tracce dirette sul mercato della raccolta (attraverso la cosiddetta voce “Raccolta Netta Promossa” – che abbrevio in RNP – ossia la differenza tra investimenti e disinvestimenti); è pertanto plausibile e corretto sostenere: vendere o stare liquidi quando la RNP è negativa – ossia una prevalenza di disinvestimenti – e viceversa acquistare quando la RNP diventa positiva – con prevalenza di investimenti sui disinvestimenti”.
Caratteristica principale dell’Osservatorio Finanziario è far seguire alla teoria validi riscontri pratici e quindi partendo dal precedente assioma ho simulato una serie di investimenti attraverso l’impiego di benchmark azionari pubblicati giornalmente da Banca Fideuram S.p.A. per i quali riporto testualmente (v. sito www.bancafideuram.it – Sez. “Come sono costruiti”):
a) la loro definizione: “Gli Indici Banca Fideuram dei Fondi Comuni sono stati istituiti nel dicembre 1983 in concomitanza con l’esordio sul mercato finanziario italiano dei fondi comuni di investimento mobiliare. Il calcolo viene effettuato giornalmente prendendo a riferimento il sistema di classificazione dei fondi adottato dall’Associazione di categoria Assogestioni (le categorie dei fondi sono pubblicate su “Il Sole 24 Ore”). Esistono infatti indici Banca Fideuram per ciascuna delle categorie di fondi riconosciute, a cui si aggiunge l’indice generale che comprende tutte le categorie dei fondi di diritto italiano”;
b) la metodologia di calcolo: “Il calcolo degli Indici Banca Fideuram dei Fondi Comuni di Investimento comprende tutti i fondi italiani in attività alla fine di ogni trimestre solare (31 marzo, 30 giugno ecc.). Gli indici sono calcolati come media ponderata delle quotazioni giornaliere dei fondi rientranti in una data categoria o sottocategoria rapportate alla quotazione base. La ponderazione resta quindi invariata per un trimestre, prendendo a riferimento i patrimoni dei fondi valorizzati alla fine del trimestre solare precedente. I fondi di nuova emissione entrano a far parte del calcolo dal trimestre solare successivo a quello della data di emissione sul mercato …”.
Di seguito l’andamento ex-post contraddistinto dai rispettivi colori:
– Blu: andamento dell’indice azionario Fideuram di riferimento
– Verde: andamento dell’equity line di un Trend Following Portfolio rispetto alla variazione della RNP (es.: vendere o stare liquidi con RNP negativa e comprare con RNP positiva)
– Rosso: andamento dell’equity line di un Contrarian Portfolio rispetto alla variazione della RNP (es.: vendo quando tutti comprano e viceversa).
Grafico 1. – Indice Fideuram Azionario America – Rappresentazione grafica su base dati trimestrali 2003-2013
Grafico 2. – Indice Fideuram Azionario Europa – Rappresentazione grafica su base dati trimestrali 2003-2013
Grafico 3. – Indice Fideuram Azionario Pacifico – Rappresentazione grafica su base dati trimestrali 2003-2013
Solitamente al termine di ogni mio intervento cerco di trarre alcune personali conclusioni ma questa volta – volutamente – lascio a voi “l’arduo compito” magari subito dopo aver superato il comprensibile stupore per i risultati pubblicati.
Tenuto conto della specificità dell’argomento e consapevole della trattazione sintetica dello stesso, rimango a vostra completa disposizione per eventuali approfondimenti.
Arrivederci alla prossima settimana.
Stefano Masa – info@quantinvest.it
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