Osservatorio finanziario n. 55

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di Stefano Masa ideatore e titolare di QuantInvest®

Mancano pochi giorni al Natale. Un giorno speciale per tutti: ci si ritrova con i propri cari, si condividono momenti felici, si ricevono doni. Il Natale per l’Italia è arrivato invece lo scorso giugno ma in pochi se ne sono accorti. L’agenzia di rating statunitense Standard & Poor’s ci aveva donato la sua clemenza attraverso un momento di pausa dall’emettere i suoi sempre più temuti giudizi: sei mesi di assoluto relax per i nostri governanti. Plausibile e condivisibile la sua bonaria scelta, tenuto conto dell’appena neonata (di soli due mesi di vita) formazione di governo che si apprestava a concretizzare le prime mosse in materia di governo (presentazioni in pubblico con slides comprese).

Puntuale come sempre la verità è arrivata. E la verità crea sempre rumore. Un rumore riconducibile al suono di tre semplici lettere dell’alfabeto con l’aggiunta di un segno: l’agenzia di rating ha abbassato il proprio pensiero (giudizio) sul fronte italico, portando il nostro Paese a livello BBB-, un gradino sopra il cosiddetto livello “junk” ovvero “spazzatura”. E a quest’ultimo livello non è prevista la raccolta differenziata: o si sta fuori o si è completamente dentro. Irrimediabilmente dentro.

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Alcuni hanno evidenziato come questo giudizio sia stato inaspettato se non addirittura “a sorpresa”: quasi tutti stupiti e quindi sorpresi di questa manovra al ribasso nei nostri confronti. Ma cosa ci si poteva aspettare? Sei mesi di relax non sono stati abbastanza? Era previsto l’annuncio di un nuovo outlook sul nostro paese, quasi scontato nella tempistica e soprattutto nel contenuto. La stessa agenzia di rating l’ha dichiarato e motivato apertamente nel suo report: «Un forte aumento del debito, accompagnato da una crescita perennemente debole e bassa competitività, non è compatibile con un rating BBB, secondo i nostri criteri».

Sono passati sei mesi. Era ed è giusto fare il punto della situazione, la nostra. Era ed è giusto emettere il consueto giudizio, il loro.

Consultando la nota statunitense, e tralasciando volutamente i dati economici riportati, l’affermazione che ritengo faccia più pensare (male) per il futuro del nostro paese, sia quella legata alla mancanza di fiducia (che trapela) sull’operato che (non) si avrà nei prossimi mesi. Quella frase dove viene indicata «la gradualità» del nostro governo verso l’avvio di alcune importanti riforme, sembra essere l’anticamera di una prossima ed ulteriore bocciatura.

Il governo – con in prima fila il nostro premier – ha sempre cercato di muoversi in velocità. Una corsa veloce contro il tempo da sempre definito inarrestabile. Un agire rapido orientato al risultato. Mai uno stallo ma sempre in gioco.

Sei mesi sono passati. Siamo ormai a Natale o comunque manca poco. I primi regali stanno arrivando ed alcuni sono già arrivati. Come tutti gli anni l’effetto sorpresa è quasi prossimo ma per alcuni è ormai svanito.

Tra pochi giorni spetterà a noi il compito di aprire i doni sotto l’albero o attenderemo che lo facciano gli altri?

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