Osservatorio finanziario n. 66

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di Stefano Masa ideatore e titolare di QuantInvest®

Quantitative easing: per ora l’”allentamento monetario” si vede solo nelle nostre tasche

Trovandoci a pochi giorni dalla conclusione del secondo mese dell’ormai introdotto quantitative easing a firma Bce, riteniamo opportuno fare i conti in tasca ai risparmiatori che, nutrendo fiducia nelle premesse al piano straordinario di intervento, hanno mantenuto – se non addirittura acquistato – titoli di stato italiani e/o tedeschi.

Evitando volutamente i molteplici tecnicismi che regolano l’intero funzionamento di acquisto da parte della Bce, i dati che non possono essere dimenticati – perché di facile comprensione per tutti – erano e sono i seguenti: gli acquisti si focalizzano su titoli obbligazionari di durata compresa tra i 2 e i 30 anni; l’importo destinato a tali acquisti è pari a 60 miliardi di euro al mese; la durata complessiva dell’intervento ha come scadenza naturale il prossimo settembre 2016 (salvo proroga).

Tutto molto semplice, comprensibile e particolarmente allettante (sulla carta) per chiunque. Compreso i risparmiatori. Soprattutto i risparmiatori: quei cosiddetti “piccoli risparmiatori” che attraverso un acquisto – magari anticipato – dei suddetti titoli vedranno incrementare il loro patrimonio a spesa delle casse della Bce: dopo tutti i vari fallimenti e/o crisi finanziarie che i risparmiatori hanno subìto, sembra ormai giunto il momento della tanto attesa “rivincita” nei confronti del sistema-bancario soprattutto perché perpetrato ai danni della “poco furba” Bce. Ma rispettando – doverosamente – l’istituzione Bce, di poca furbizia quest’ultima non è imputabile, ma nemmeno un poco, perché i numeri parlano chiaro, rappresentando più che altro un’arguta azione monetaria messa in atto rispetto ad una pressoché impossibile disattenzione.

Dall’introduzione del quantitative easing (9 marzo scorso) le quotazioni dei principali titoli governativi (tedeschi e italiani) hanno visto una discesa dei propri prezzi.

Su un campione di 58 BTP analizzati, solo un titolo ha registrato una variazione percentuale positiva (+1,2353%): gli altri 57 evidenziano performance negative comprese tra -0,0997% e -3,913%.

Continuando l’analisi sui BTPI (ovvero titoli indicizzati) si riscontrano 12 titoli nei quali solo 3 riportano un saldo positivo (dallo 0,2818% al 0,5590%). I restanti sono zavorrati da una perdita minima pari al -0,1514% fino ad un massimo del -6,4998%.

Ai precedenti si aggiungono 9 CCT analizzati: tutti negativi con perdite comprese tra -0,011% e -1,2906%.

Si potrebbe obiettare che l’Italia è un caso estremo perché considerata ancora un cosiddetto “paese periferico”. Concentrando allora l’attenzione su un altro paese – la Germania – molto più “centrale” se non addirittura focale per l’intera Eurozona, anche nelle case dei risparmiatori tedeschi la situazione non migliora. 13 i sottostanti (contratti Bund) analizzati: 11 negativi con minusvalenze comprese tra il -0,043% ed il -0,9199%. I due “fortunati” superstiti a questa complessiva debacle europea registrano invece una plusvalenza di +0,4193% e +7,9885%.

Sintetizzando ulteriormente l’andamento complessivo dello scenario obbligazionario, ed impiegando pertanto i due principali benchmark di riferimento (Future sul Bund e sul BTP), i risultati non cambiano: il titolo decennale tedesco registra un saldo negativo pari a -0,3584% mentre il nostro titolo domestico evidenzia un saldo maggiormente penalizzato e pari a -1,2743%.

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Solo dopo due mesi, stando a questi i dati, sembra che il tanto atteso QE non ripaghi le tasche dei risparmiatori. Ovviamente l’analisi fin qui condotta è assolutamente da ritenersi parziale e – probabilmente – poco significativa ma è bene comunque prenderne atto fin da subito.

Manca molto tempo alla conclusione del piano straordinario messo in atto dalla Bce. Non me ne voglia il Governatore Mario Draghi – che personalmente stimo – ma sorge spontanea la domanda: illustrissimo Presidente, i nostri BTP, Lei li comprerebbe o venderebbe?

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