15/07/2014 – Del denaro

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«Muchos años después, frente al pelotón de fusilamiento, el coronel Aureliano Buendía había de recordar aquella tarde remota en que su padre lo llevó a conocer el hielo.”[1]

Se mai dovessi trovarmi davanti ad un plotone di esecuzione mai potrei ricordare quando ho conosciuto il denaro.

Io, il denaro, lo conosco da sempre. E nessuno me lo ha mai presentato. Ricordo le precise sensazioni tattili dello stringere tra le dita la moneta da dieci lire con le immagini  dell’aratro e della spiga.  Ricordo  l’odore  acido delle banconote consunte. E ho fantasticato spesso sulle dichiarazioni d’amore o di fede che ignoti affidavano al passaggio di mano in mano della banconota, chiedendomi se mai fosse successo che quella, anni dopo, fosse ritornata nelle loro mani.

Mi hanno insegnato, questo sì, a trattarlo bene, a non sciuparlo, a riporlo con attenzione nel portafoglio, a mai ostentarne il possesso. E ho compreso ben presto che proteggerlo era un buon modo per proteggere me stesso.

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Ho sempre conosciuto il semplice linguaggio del denaro che è quello elementare da tutti compreso dei numeri e ho ragionato spesso del denaro stesso come linguaggio.

Ne ho riconosciuto e ne riconosco la forza, il potere e l’intelligenza ma, quando ho iniziato ad interrogarlo sono rimasto stupito dalla sua ritrosia nel fornire risposte. E questa è già una risposta.

Dalla impenetrabilità del denaro nasce la mia modesta  “denarologia”  in forma di appunti.  Discorso sospeso tra economia, storia,  letteratura,  filosofia,  psicologia e quotidiana chiacchiera, che cerca di fissare relazioni, connettere analisi e osservazioni, cogliere i risultati di grandi indagini, soffermarsi sui gesti quotidiani che accompagnano l’uso del denaro.

«Ottimo servo ma pessimo padrone»…: saprò alla fine come comportarmi con il denaro? Tra  Betty Curtis che mi suggerisce «Prendi, spandi e spendi non domandare da dove provengono…»  e  Robinson Crusoe che alla vista del denaro sul relitto della nave esclama: «O droga! A che cosa mi servi? Tu non hai nessun valore per me», io penso di sapere  che il senso del denaro travalica la sua natura dispositivo- strumentale.

Armato di questa incerta consapevolezza  ammiro la sua immateriale elementarità, seguo e cerco di orientarmi tra le sue complesse trasformazioni e tra i suoi infiniti significati.


[1] Chi ben comincia . . . : iniziare è difficile. Tra tanti inizi, mirabile, quello di Cent’anni di solitudine: «Molti anni dopo, davanti al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendia, si ricordò di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio.»

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