30/04/2014 – A proposito di merda (Prima parte) – Sulla mostra di Piero Manzoni a Milano

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1.

 

La mostra di Piero Manzoni ha un solo odore: quello della illuminata cartoleria del bookshop. E così, di evento in evento, di Gualtiero Marchesi in Gualterio Marchesi (“che pare fosse un amico di Piero Manzoni”), di gadget in gadget, si compie il rito per il quale la merda, come la pecunia, non olet. E chi se ne fotte se poi Pierino, dagli occhi da furetto, si ingegnava per dire (forse) il contrario, e cioè che la pecunia, come la merda: olet. Oh,… come olet!

2.

 

I Curatori della mostra dicono che dobbiamo smetterla di fissarci sull’intento provocatorio della merda in scatola.

Poi riempiono tutta la città di scatole di merda per provocare l’attenzione della casalinga, del pensionato, dello scolaro, del commercialista, ecc… I Curatori dicono: «Non volevamo cadere in un cliché…». E allora – dico io – predicate bene (forse) e razzolate male, o, per restare in tema, pestate una grossa merda.

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 Piero Manzoni


3.

 

In fatto di merda: primo Alphonse-Donatien-François de Sade. Dopo, tutti gli altri. Anche Freud, pur nella parte alta della classifica, è dietro, anzi nel didietro del marchese il cui primato è nella vita, non nell’aver detto “prima” le cose che gli altri hanno detto “dopo”. È de Sade che mirabilmente ci indica, nella vicenda del Cavaliere di Malta, divoratore di stronzi, proprietario di un «armadio a scansie sulle quali troneggiano molti vasi, contenenti ognuno uno stronzo», catalogati «secondo un ordine preciso», la materia su cui si fondano certe personalità un po’ troppo ordinate o eccessivamente parsimoniose o irriducibilmente ostinate.

Ed è sempre nella vicenda del Cavaliere di Malta che il marchese ci porge un esempio della relazione tra merda ed economia, nella descrizione di una intrigante teoria dell’equilibrio e del riciclo: «tutto il divertimento consisteva nel farsi manipolare e nel mostrargli il sedere mentre divorava, e poi di far cadere un nuovo stronzo nello stesso recipiente in sostituzione dellaltro già divorato».

4.

 

In un cimitero da me visitato c’era un’area riservata ai morti bambini. Nel mondo dell’arte c’è una analoga area riservata agli artisti morti giovani, prima di essere riconosciuti Grandi Maestri (GM). L’artista MG (morto giovane) sviluppa negli addetti ai lavori istinti di riparazione, volontà di riscoperta, ansie di rivisitazione che conducono all’assegnazione di tardivi riconoscimenti. Nel caso di Manzoni costanti sono l’assegnazione di sciocchi primati (prima del boom, prima degli americani pop, in anticipo su Warhol) e la considerazione compiaciuta dell’“incremento esponenziale del prezzo”, ossia, in riferimento alla merda, dell’“incremento dell’escremento”.

 

5.

Il lasciapassare del prezzo, vidimazione del libero mercato, rappresenta la prova dell’esistenza dell’artista, rispetto alla quale il compito degli addetti ai lavori è spiegare il fatto di quell’esistenza.  È il primato del mercato, del libero mercato, sulle ciance: il mercato distribuisce la patente di GM (grande maestro), il mercato salva dall’oblio l’MG (il morto giovane). Di questo vero primato che rende valida l’equazione tra arte e capitale, tra cultura e capitale (di cui sono piene le omelie dei media nazionali), piena contezza (forse) ne aveva Piero Manzoni, produttore e commesso viaggiatore della propria produzione presso gli algidi circuiti del Nord Europa.  C’è qualcosa di grande nell’autopromozione del proprio lavoro da chiunque attuata. Ma quando il frutto del lavoro è drammaticamente e contraddittoriamente innestato nel contesto che denuncia e che nega, allora vi è anche qualcosa di doloroso. È il gioco pericoloso che l’uomo dagli occhi da furetto ha giocato tra i due estremi della denuncia moralistica («ora che in nome dell’avanguardia tutti si sono messi a fare quadri bianchi – scrive – la cosa sta diventando altamente immorale e dovrò essere ancora più rigido per evitare la confusione e gli equivoci»), e della propria autodistruzione.

È un silenzio colpevole quello attuato dagli addetti ai lavori su questa dimensione. Ed è tanto più colpevole in quanto il mercato ha “prezzato” e “prezza”il maledettismo dei Manzoni, dei Pollock, dei Basquiat…

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