Non sono guidati dall’”Auri sacra fames”. E l’etica protestante c’entra poco o niente. Nel fondo si agitano il torbido della paura e l’innata consapevolezza dell’asimmetria per la quale la sofferenza della perdita è a leva quattro rispetto alla felicità della vincita.
Non vogliono perdere, ma…: vogliono, anche, vincere. È una posizione da nevrosi sperimentale, di quelle che vengono indotte negli animali ponendoli in posizioni di conflitto, quando li si condiziona a risposte contraddittorie.1
«L’unico partito giusto – scrive Pascal – è di non scommettere punto». Ma il denaro non investito non esiste e scommettere bisogna.
Riuscirà il risparmiatore mosca ad uscire da sotto il bicchiere?
Casualmente nei paraggi ci siamo sempre noi. Noi non porgiamo soluzioni: pronunciamo qualcosa di molto simile a formule magiche: …garanzia, protezione, tutela, paracadute… Impieghiamo tutto l’immaginario del marketing dell’esistenza protetta: famiglie intorno al famigliare desco, mamme in attesa, scolari giocosi, neolaureati che entrano in azienda, anziani in vacanza…
Noi sappiamo che l’efficacia delle nostre formule dipende dal fatto che il messaggio non è quello che noi diciamo ma è quello che loro capiscono. Sui contratti la nostra vergogna è scritta a caratteri di dimensione proporzionale alla loro ipocrita dabbenaggine.
Nelle loro orecchie noi poniamo solo il seme della scommessa pascaliana,«Se vincete, guadagnate tutto; se perdete non perdete nulla», che loro coltivano premurosamente per tutta «la durata del contratto».
Quando di notte si svegliano in preda agli incubi di perdite assolute, di tracolli rovinosi, di caotici sbandamenti planetari, riprendono sonno ripetendo la formula magica: «Se vinco, guadagno tutto; se perdo non perdo nulla»”. Noi abbiamo posto un amuleto nelle loro mani e loro lo stringono con convinzione.
La lettura dei contratti, le testimonianze, l’analisi, l’evidenza stessa non servono a niente. Nulla li fa recedere. E il pensiero che dall’altra parte del tavolo non c’è il dio nascosto ma ci siamo noi non li sfiora. E nemmeno che siamo noi, sensibili unicamente al nostro profitto, a dettare le regole del gioco.
Loro sono tranquilli e anche noi, almeno per il tempo della durata del contratto.
Gli effetti del nostro operare a volte ci sorprendono. Introduciamo il risparmiatore nel mondo ordinato e sensato in cui tutti i cigni sono assolutamente bianchi, in cui il futuro è proprio quello che lui auspica, quello dei capitali garantiti e dei rendimenti potenziati.
Egli si muove tra i disastri del presente, sicuro della sua incolumità, ripetendo: «se vinco, guadagno tutto; se perdo non perdo nulla». La cosa funziona. È magia: «gigantesca variazione sul tema del principio di causalità».2
Note
1. Giovanni Jervis, Manuale critico di psichiatria, 1975, Feltrinelli, Milano.
2. Hubert e Mauss, citati da Levi Strauss in Il pensiero selvaggio