Il mito del non estinto

La speranza e la disperazione suscitate dall’evoluzione della crisi europea guidano i mercati. Di più: nel momento in cui scriviamo, gli esperti stanno silenziosamente scommettendo sull’eventualità di una soluzione a breve di tutti i problemi. Sosteniamo speranze, preghiere e inconfessate scommesse non in riferimento al quadro macroeconomico ma con la pascaliana affermazione secondo cui di vero al mondo esistono solo i miracoli. In attesa di notizie sensazionali… abbiamo il tempo per inoltrarci nella  geenna delle invenzioni finanziarie alla ricerca di qualche spunto.

Vi è qualcosa di cimiteriale in tutto ciò che è qualificato come “perpetuo”.  I “perpetual bond” non fanno eccezione.  Ed è proprio la perpetuità che li differenzia da tutte le altre invenzioni finanziarie caratterizzate da precise scadenze temporali.

Il perpetual bond, altrimenti detto “l’irredimibile”, non recupera – ci dice il dizionario – lo stato di grazia della propria fine.  È il Nosferatu della finanza per la sua essenza di inestinguibile: Nosferatu, il non estinto, appunto.

E così come condurre il Nosferatu alla fine  è questione di rigida procedura e di ben congegnata attrezzatura, dall’aglio all’acqua santa, dal paletto di legno di frassino alle  ostie consacrate,  così l’iter verso la fine dell’ irredimibile è questione  di complesse regole.

Ma non è tutto. Il perpetuo, l’rredimibile è anche l’ “ibrido” . Esso partecipa della doppia natura di azione e obbligazione in ottica non di compromesso ma di suprema sintesi degli opposti estremi.

Il perpetuo, l’irredimibile, l’ibrido: cerchiamo di capirci qualche cosa.

Appartenenti alla grande famiglia delle obbligazioni subordinate, cioè di quelle obbligazioni che concorrono alla formazione del patrimonio di vigilanza di un istituto di credito, condividono con i titoli azionari  rischiosità e  possibilità di rendimenti attrattivi.

Al di là delle specifiche differenziazioni tra titoli, le caratteristiche comuni sono riconducibili a:

  • non possedere una scadenza;

  • prevedere l’eventualità della soppressione del riconoscimento delle cedole in caso di non pagamento di dividendi agli azionisti o nel caso di esercizio in perdita;

  • poter subire decurtazioni in conto capitale nominale in caso di riduzioni del capitale di vigilanza dell’emittente.

Se a queste caratteristiche aggiungiamo che, in caso di liquidazione dell’emittente, il portatore viene rimborsato dopo tutti gli altri creditori privilegiati e ordinari e che l’eventualità che il titolo non venga rimborsato ne rende complessa la determinazione del prezzo, abbiamo tutti gli ingredienti di un “piatto forte”.

La crisi finanziaria planetaria ci aggiunge del suo nel rendere palpabile quanto l’esercizio della opzione di riacquisto del titolo, abitualmente percepita a priori dagli investitori quale scadenza del titolo, sia possibile ma non certa.

Tra i tanti Nosferatu in circolazione ci soffermiano brevissimamente sul titolo Intesa 9.5  (ISIN XS0545782020) emissione dello 01/10/2010 di nominali € 1.000.000.000 che presenta, ci pare, tutte le caratteristiche citate.

Intesa San Paolo presenta le seguenti caratteristiche del titolo:

  • facoltà di rimborso anticipato dal 10° anno;

  • possibilità di riacquisto nel caso in cui la normativa della Direttiva CRDII  (Disciplina prudenziale degli intermediari) lo consenta a partire dal 5°  anno e ad ogni data del pagamento degli interessi successiva (reset);

  • corresponsione di una a tasso fisso del 9,5%  (corrispondente al tasso swap a 5 anni rilevato all’emissione maggiorato di uno spread di 757 bps)  pagata il 1° giugno di ogni anno  a partire dal giugno 2011 fino al 1° giugno del 2016;

  • ricalcolo del valore della cedola pari alla somma tra spread originario  (757 bps) e tasso swap a 5 anni nel caso in cui non venisse esercitata la facoltà di rimborso anticipato allo scadere del 5° anno ed alle successive date di reset;

  • facolta di rimborso anticipato al 102%, a partire dal 1 gennaio 2013, Nel caso in cui i titoli non risultassero computabili come componente primaria di capitale (TIER I) per almeno il 75% del valore nominale


Nella stessa presentazione vengono omesse alcune caratteristiche del titolo reperibili dalla lettura del prospetto (in inglese) tra le quali le condizioni di possibile (optional), o di obbligatoria (mandatory), sospensione del pagamento degli interessi e di eventuali perdite in conto capitale.

La perpetua, irredimibile e ibrida di Intesa SanPaolo emessa nel 2010 ha trattato sopra la pari fino a luglio 2011 (102) con un massimo di 105.  A settembre ha toccato il doppio minimo  di 58, attualmente – 26 ottobre 2011 – si muove a quota  71.

Chiarito che, soprattutto in relazione all’attuale congiuntura, non stiamo maneggiando un trenino elettrico ma qualcosa di simile ad una mina Valsella, presentiamo di seguito  semplici riflessioni relative all’investimento  in un perpetuo, irredimibile e ibrido.

In assoluto, chiudendo gli occhi e  frustrando intenti da capital gains, per altro coerenti alla natura del titolo, è considerabile  l’ orientamento sul  tempo lungo della costruzione di una rendita. Educati sul modello della inesauribilità della rendita assicurativa, abbiamo in questo caso modo di apprezzare la possibilità di una rendita veramente inestinguibile a costi inferiori.

Un ‘altra suggestione arriva dall’attuazione dei dettati di  Basilea 3 per i quali, a partire dal 2013 ed entro un decennio, i subordinati progressivamente non saranno più considerati capitale azionario per gli Istituti di Credito. Questa evenienza costringerà gli emittenti ad attivare il prima possibile l’esercizio della call ed a cogliere un rafforzamento patrimoniale tramite equity che comporterà una automatica riduzione del rischio di default.

Gli interventi di Regulator nel contesto della crisi attuale potrebbero avere ripercussioni su questi titoli. Ad esempio, gli emittenti  che dovessero indirettamente entrare nel raggio di azione di un fondo salva stati potrebbero essere nella condizione di, obbligatoriamente,  sospendere il pagamento di una cedola.

Alla fine: vale la pena di sottrarre l’irredimibile dall’oblio nel quale è relegato e di analizzare le sue particolari caratteristiche? Certamente sì. Eppure, il solo pensarci getta un velo di amarezza sulle nostre vite:

«L’idea ch’egli possa anche sopravvivermi quasi mi addolora».

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