Facebook e la privacy: quale la pagliacciata più grande?

Lo scandalo Facebook, stretta in Europa e in Usa ai social network, Cambridge Analytica, Steve Bannon, ma di che cosa stiamo parlando? Dell’ovvio, cioè del fatto che i social ci rubano i dati, però ci ordinano di strabuzzare gli occhi, in questo enorme teatrino del simulmondo in cui ogni volta che firmi a tutela della tua privacy stai facendo l’esatto contrario.

E poi le fake news, e poi le campagne d’odio, e poi quel che chissà perché viene detto con un sorriso, questa infinita perdita di tempo, questa infinita perdita di vita reale in favore di immagini di piatti ante digestione, gatti, cani, spiagge, adolescenti che non vogliono essere giovani e tardone e tardoni che credono di poter ingannare il tempo, che è poi la parola che usiamo perché l’altra, “morte”, non la sosteniamo più.

Ma veniamo al fatto. Cambridge Analytica è un’azienda di consulenza e di marketing online fondata nel 2013 da Robert Mercer, un miliardario statunitense tra l’altro fondatore del sito di informazione di estrema destra Breitbart news, diretto da Steve Bannon, lo stratega che dopo aver portato Trump alla presidenza ha votato la propria vita a fargliela perdere.

Robert Mercer ci mise i soldi, ma l’idea di rivoluzionare il marketing politico spigolando i dati dei social era di un giovane «gay vegano canadese», Christopher Wilye, che però per passare all’atto pratico necessitò l’incontro con un trentunenne moldavo, Aleksandr Kogan, laureatosi in psicologia a Berkley e con un PhD all’unverstà di Hong Kong.

Per la Analytica Aleksandr si inventò una app “Thisisyourdigitallife, che offre «un esame della personalità compiuto da un team di psicologi». In poco tempo abboccarono in 51 milioni ed i loro profili vennero usati per fini elettorali da Bannon.

Di app così su Facebook ve ne sono a migliaia ed è con esse che la società di Zuckerberg fattura 27 miliardi di dollari. E questo nell’era della privacy.

Se scorrete oggi le pagine dei giornali le vedrete zeppe di consigli su come tutelare la riservatezza dei vostri dati sensibili. Devi cliccare qui, spuntare là, trascinare l’icona… Già dai termini lo capisci che ti stanno prendendo per il culo. Perdonate se non ho usato “per il naso”, era troppo fioca.

Stai tutelando la tua privacy con un mezzo interamente nelle loro mani. Ma non vi viene da ridere? Quel riso fisso da social indistinguibile dal pianto?

A presto.

Edoardo Varini

3 pensieri su “Facebook e la privacy: quale la pagliacciata più grande?

  1. Arcangelo dice:

    I dati di FB sono inseriti dagli utenti. Se non si vuole essere “tracciati” l’unico modo è non inserire dati. O inserirli non esatti (cioè falsi). Ma se ogni 5 minuti posti la foto del ristorante dove stai mangiando, poi il posto dove stai andando, ecc. dopo non ti puoi lamentare che ti hanno tracciato.
    Nel mio profilo FB non ho inserito il nr di cellulare, però ho dovuto darlo alla banca, all’Enel, ecc.
    Così ogni tanto (tutti i giorni) qualcuno chiama per proposte commerciali le piu’ svariate.
    Chi li ha autorizzati?
    Tra poco (maggio) entrerà in vigore la nuova direttiva europea sulla privacy, la mia domanda è: le leggi sulla privacy servono effettivamente a tutelare la mia privacy, oppure per crearmi l’obbligo di autorizzare la diffusione dei miei dati personali?

  2. pfb dice:

    Un po’ di tempo fa ho attivato una postepay tra la sfilza di domande c’era anche quello sul mio reddito.
    Volevo chiudere tutto poi per salvare la mia dignità ho risposto ZERO facendo felice il sistema.
    Non se ne può più di privacy, ormai per gestire i cosi detti dati sensibili bisogna far intervenire un consulente come il commercialista o l’avvocato. BASTA! BASTA! BASTA!

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