di Roberto Ciambrone
Sarà vero?
dopo Miss Italia aver un Papa nero?
no me par vero…
un Papa nero che scolta ‘le me canson in venessian
parchè el ‘se nero african
L’auspicio dei “Pitura Freska” non si è avverato in Vaticano, bensì, tanto per stare in rima, nel governo italiano.
Mi pare interessante che una delle prime dichiarazioni rilasciate da Cécile Kyenge, ministro per l’integrazione, riguardi il colore della sua pelle.
Cecile infatti ha confermato di essere “nera” e non “di colore”, probabilmente per evitare che qualche parlamentare pensasse che fosse blu come i puffi o gli avatar.
Oltre ad essere nera, il ministro – non so se il termine “la ministra” sia corretto, io lo trovo bruttino – è anche fiera.
Registro con piacere il fatto che la dottoressa congolese abbia preso a prestito da James Brown solo la citazione, esimendosi dall’accompagnarla con, ad esempio, una “feet shuffle dance”, non fosse altro perché il confronto con “the godfather of soul” sarebbe stato assai arduo.
Esauriti gli aspetti cromatici e musicali, bisogna, purtroppo, concentrarsi sugli aspetti meno “funky” delle tematiche che il ministro, e non solo lei, dovrà affrontare.
Il tema dell’integrazione razziale è, a mio modesto parere, scomponibile nei seguenti filoni.
Identità nazionale
Pessimo punto di partenza: come si può parlare di integrazione se in parlamento risiedono stabilmente individui che mettono in dubbio che l’Italia debba essere “una e indivisibile”, contestano la bandiera tricolore e l’inno di Mameli ?
Retroterra (o retro cranio) culturale
L’Italia storicamente ha “prodotto” emigranti e quindi è comprensibile che le immagini degli sventurati che arrivano via mare, 20 anni fa dall’Albania, oggi dal nord Africa, ricordino quelle dei nostri compatrioti in fila ad Ellis Island.
Qui però bisognerebbe anche saper far funzionare i lobi frontali del cervello e distinguere due fenomeni molto differenti: da una parte l’emigrazione di mano d’opera verso paesi più sviluppati, dall’altra l’espulsione di masse di disperati e lo svuotamento delle patrie galere, tecniche sperimentate in modo rudimentale nei Balcani e poi affinate da quel figuro a cui fu consentito di piantare tenda a Villa Pamphili
Diritto
Al di là del fine dibattito su Ius solis e ius sangunis non dovrebbe essere troppo complicato fare una sintesi tra le normative adottate da altri paesi europei per affinare le prassi e procedure comunque in uso nel nostro Paese che, è bene non dimenticarlo, ha già visto l’insediamento di milioni di persone provenienti da numerosi paesi che fanno, con perizia applicazione ed onestà, mestieri che, per motivi che mi sfuggono, gli italiani non ritengono più consoni ai loro livelli culturali.
Non so quanto dureranno le baruffe tra il ministro e gli esponenti della Lega e se da questo dibattito scaturiranno interessanti innovazioni legali.
Dopo di che questo chiasso non aiuta ad evitare la confusione, gravissima eppure continua, tra l’integrazione delle persone che lavorano o intendono farlo (e i loro figli) e la caccia ai criminali.
Peraltro siccome negli ultimi vent’anni l’azione combinata di buonismo nazional popolare, celo durismo padano da osteria, garantismo legale e sindrome delle tre scimmiette hanno prodotto una tempesta perfetta.
Di fatto siamo alla perdita del controllo del territorio e quindi è molto più semplice parlare del numero dei fratelli di Cécile Kyenge.