Movida Loca

alt

Milano non è certamente “the City that never sleeps”, ma ha sempre avuto una vita notturna particolare. Riesce difficile, seppure si dovrebbe, vista la scadenza imminente dell’EXPO, fare paragoni con metropoli europee come Londra, Parigi o Berlino. Altresì non ci sono mai stati flussi turistici paragonabili a quelli di città d’arte italiane come Roma, Venezia e Firenze.

Da qualche anno ci sono occasioni molto interessanti e ben gestite come il “Fuori Salone” durante il Salone del Mobile, durante i quali si svolgono eventi in piazze e strade cittadine.

Al di là di questo tipi di grandi eventi che si verificano una volta all’anno, quotidianamente ci sono numerose occasioni culturali di rilievo, anche se probabilmente molto si potrebbe ancora fare in materia di comunicazione, collegamenti ed orari. Queste considerazioni peraltro attengono agli eventi organizzati e non alla vita notturna che si svolge nei locali.

In questo senso Milano ha una tradizione piuttosto interessante e dagli anni ’50 in avanti ha saputo conciliare le esigenze della maggioranza dei cittadini che verso le 7 di sera “levava su per andà a laurà” con quelle di una minoranza di nottambuli che frequentavano i locali più diversi: “balere”, cabaret, night club e altri luoghi più o meno improvvisati dove si sono esibiti, spesso sino ad ore antelucane, grandissimi interpreti nazionali ed internazionali della musica e del teatro.

Dall’inizio degli anni ’60, seguendo una linea tracciata nel famoso concerto/raduno di Woodstock, si è aggiunta la tendenza a “riconquistare gli spazi” ed organizzare eventi in luoghi aperti. Emblematico tra gli altri il famoso festival di “Re Nudo2 che dal 1974 per tre anni si svolse al parco Lambro.

In queste occasioni, al di là dell’intento pacifico del raduno, si verificarono tensioni e disagi crescenti, tanto da portare ad un blocco quasi totale nell’organizzazione di concerti musicali sino ai primi anni ’80.

Altri eventi classici erano rappresentati dai “festival” dei partiti politici, ad esempio quello de “l’Unità”, prima al Parco Sempione e poi alla Montagnetta di San Siro, dove si alternavano dibattiti politici e pantagrueliche mangiate di salamelle.

In questi casi lo spazio pubblico risentiva chiaramente dell’impatto dell’evento, ma l’organizzazione, in accordo con la municipalità, cercava di limitare gli “effetti collaterali”. In altre parole si cercava di fruire dello spazio, ma avendo cura di non devastarlo.

Negli anni ’80 e con il “riflusso” politico, la città si è riscoperta “da bere” e gli eventi notturni hanno perso la maggior parte delle connotazioni politiche e, per certi versi, anche culturali, focalizzandosi sul puro divertimento.

Arrivati a questo momento, che ricordo molto bene, perché frequentavo l’università, periodo dove tipicamente si riesce a conciliare studio con “cazzeggio”, provo ad immaginare una sorta di “fermo immagine” che descriva la situazione di allora confrontandola a quella attuale.

alt

Parchi pubblici

Inizio benevolmente con un ambito nel quale le cose sono prevalentemente migliorate. Il parco delle Basiliche, tra piazza Vetra e Sant’Eustorgio era uno dei principali luoghi di spaccio di droghe varie.

Ricordo anche il Parco Sempione, dove l’unica “zona franca” era costituita dalla biblioteca e dal campo di basket letteralmente invaso, anche in pieno giorno, da “tossici” e varia umanità.

Oggi, grazie ad una politica di recinzione, chiusura notturna e vigilanza, ovviamente osteggiata da alcuni “benpensanti”, la situazione mi pare generalmente migliorata.

Discoteche

Non sono mai andato nelle antiche “balere” se non per sbaglio, visto che una sera fui vittima di uno scherzo di alcuni amici che mi diedero appuntamento, ovviamente non presentandosi, al Cafè Caribe di via Procaccini un mercoledì sera, serata che mi avevano descritto come “dei giovani” – quella vera era il giovedì  e che invece era dedicata al ballo liscio (e nella quale mi ero comunque destreggiato ricordando gli insegnamenti di un amico conosciuto in una vacanza settembrina nelle campagne cuneesi e vincitore di numerose gare di ballo).

A parte questa fugace esperienza, ricordo che i non molti locali aprivano già prima della mezzanotte e, a parte il Plastic di viale Umbria che ha sempre costituito un caso a parte, non prolungavano la serata molto oltre le 2 del mattino.

Oggi credo che a mezzanotte in una discoteca milanese entri solo il personale di servizio e gli orari di chiusura coincidono con quelli in cui un tempo giravano solo lattai ed edicolanti.

Chiaramente il tipo di locale si è sempre prestato alla presenza di “zone grigie” e frequentazioni equivoche, ma senza l’organizzazione dei rapporti strutturati tra gestione e malavita organizzata riscontrata, finalmente, anche da recenti indagini conclusesi con numerosi arresti.

Piazze e strade

Ai tempi alcuni locali nella bella stagione “sconfinavano” all’aperto in modo più o meno organizzato, ma sempre contenuto. Tra i tanti ricordo “Oreste” in piazza Mirabello, il baretto di Sant’Eustorgio e il “Pois” alle Colonne di San Lorenzo.

Nulla di neanche lontanamente paragonabile alla situazione di occupazione permanente di vaste zone della città dove centinaia (migliaia) di persone bivaccano sino alle prime luci dell’alba, nel totale disprezzo della quiete pubblica, del decoro e dell’igiene.

Luoghi di “aggregazione informale”

Ricordo uno spettacolo di Dario Fo alla Palazzina Liberty, stupendo palazzo situato nel parco di Largo Marinai d’Italia, abbandonato e “occupato” (o meglio concesso in uso al collettivo teatrale la Comune). Si era già diffuso il fenomeno dei cosi detti “centri sociali” che, troppo spesso, sono purtroppo diventati luoghi privi di ogni controllo e gestione.

Recentemente il comune ha trovato una soluzione che ritengo innovativa ed interessante per il Leoncavallo, ribadendo una posizione rigida per le situazioni di abusivismo.

L’impressione è che dopo di decenni di gestione approssimativa e di iniziative sporadiche si inizi a porre rimedio ad una situazione disastrosa in cui, di fatto, si è perso il controllo di parte della città. Il compito non è facile, ma basta partire dal presupposto che il “diritto al baccano” non può più essere tollerato e meno che meno tutelato.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.