Come tessere policrome in facciate moresche

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Come tessere policrome in facciate moresche

In Aragona c’è un lembo d’Oriente: Teruel. Perché a Teruel ci sono quattro edifici – la Cattedrale di Santa Maria di Mediavilla, le chiese di San Pietro, San Martino e San Salvatore – che stanno a mezzo tra l’architettura gotica cistercense e l’ornamentalismo arabo, che nasce dal volere rappresentare delle cose non il sembiante ma la legge strutturale che lo informa.

Si chiama stile mudéjar, e lo si deve a musulmani “che hanno avuto il permesso di rimanere” (mudajjan) in terra iberica dopo la Reconquista. Dapprima venne loro concesso di conservare lingua e religione, ma poi giunse il cardinal Francisco Jménez de Cisneros.  Era il 1499, e decise che i moriscos andavano convertiti a forza. Nell’ordinare la distruzione di tutti i manoscritti arabi presenti a Granada, il futuro Inquisitore generale non provò vergogna. Immagino disse ai suoi uomini qualcosa di simile a quel che disse il capitano dei vigili del fuoco al pompiere Montag in “Fahrenheit 451”:

« Stammi a sentire Montag: a tutti noi una volta nella carriera, viene la curiosità di sapere cosa c’è in questi libri; ci viene come una specie di smania, vero? Beh dai retta a me Montag, non c’è niente lì, i libri non hanno niente da dire! »

Non ascoltare, è sempre il prodromo della barbarie. Sempre. Non ascoltare, non dedicare attenzione, è uccidere. È peggio che uccidere: è smettere di essere uomini. È impugnare le cesoie di Atropo e come lei inesorabilmente recidere. Ma senza essere Atropo: per scelta.

A Turiel, abbiamo detto, c’è una chiesa, una chiesa mudéjar, la chiesa di San Pietro. La sua torre è più piccola di quella della Cattedrale ma quanto al resto è molto simile, con quell’intrico di piastrelle e mattoni che dimostra, prova inconfutabilmente  l’esistenza di una bellezza astratta, matematica. Che si applica su volumetrie elementari perché ha capito che la massima profondità è alla portata degli occhi, è superficie. Ha capito il paradosso, e lo ha capito per via di astrazione, quell’astrazione che Worringer diceva nascere «da un’accentuazione fortemente trascendentale di tutti i concetti».

Accanto alla chiesa c’è un edificio di nuova costruzione, si chiama il Mausoleo de los Amantes, che dei due amanti contiene il sepolcro. I due amanti si chiamano Juan Diego de Marcilla e Isabel de Segura. «Si chiamano», presente. La loro è la storia d’amore più bella e più triste del mondo. O almeno io, non ne conosco di altrettanto belle e di altrettanto tristi. Probabilmente non è nemmeno la loro storia, perché una storia simile la raccontò già Boccaccio, quella di Girolamo e Salvestra, e si tratta in fondo di uno dei topoi letterari più cari alla letteratura medievale, quello della aegritudo amoris, la malattia, la tristezza d’amore.

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Ma qui, nella storia di Isabella e Juan la geometria del racconto è di bellezza trascendentale, astratta. Sì, proprio come gli intarsi di mattoni e piastrelle policrome sulle facciate degli edifici mudéjar.

La storia è che Isabel era bellissima e conosceva Juan sin da bambino. La storia è che la famiglia di Isabel era la più ricca della città mentre quella di Juan era caduta in disgrazia e per questa ragione il padre di Isabel impediva le nozze. Juan chiese tempo al padre, perché ogni rimedio ha un tempo. E Juan, per rimediare alla povertà, chiese cinque anni. Di Juan per quei cinque anni nessuno ebbe più notizia, e così il padre di Isabel pretese cha la figlia andasse sposa al fratello del signore di Albarracín.

Ma Juan tornò, colmo di ricchezza e di amore. Come Heathcliff in Cime tempestose. Ve lo dicevo, è un “luogo “ letterario, un topos.

Juan ottenne da Isabel un incontro, in casa sua. E quel che le chiese non fu di condividere la vita – perché sapeva che le sarebbe stato impossibile  – quel che le chiese fu un bacio. E lei rispose: «No, perché Dio no vuole che io tradisca mio marito». E lui glielo chiese un’altra volta e lei per la seconda volta glielo rifiutò. E allora Juan non seppe che morire. Conseguentemente, matematicamente, come il succedersi periodico delle tessere policrome nelle facciate moresche. 

I funerali si tennero il giorno seguente nella chiesa di San Pietro. E all’incedere dei raggi del sole nella navata fece seguito quello di una donna in abito nuziale. E quell’abito divenne dapprima un arco bianco, quando lei si chinò a baciare il viso dell’amato, e poi divenne una linea bruna, quando cadde all’ombra delle sue spoglie.

A presto. 

Edoardo Varini

(31/12/2011)

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