Il voto spagnolo, la mano invisibile, i bambini ciechi

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Il voto spagnolo, la mano invisibile, i bambini ciechi

Dopo le amministrative di Spagna svoltesi domenica, il Partito popolare, la compagine politica del premier Mariano Rajoy, resta la prima forza in 11 delle 13 regioni in cui si è votato, ma è passata dal 40% del 2011 al 26,7%: un salasso.

In forse il controllo di Valencia, Aragona, Castiglia, Mancia e Baleari. Barcellona espugnata da Podemos, un partito nato dall’indignazione verso la politica governativa quattro anni fa. Per strada. Da gente che rivendica di «Non essere marionette nelle mani di politici e banchieri». È vero? Si lo è. È vero che il potere finanziario manovra le politiche nazionali ed è vero che loro se ne sono sottratti. Basta? Non so.

Il segretario generale del partito, Pablo Iglesias, ha 36 anni e lo si sente quando dice che: «Questa primavera è cominciato il cambiamento, quel che è successo in Spagna è un fatto storico».

Tuttavia, se dicessi di essere meno speranzoso, mentirei. Ci credo. Però attenzione: a guidare la politica sarà sempre l’economia ed è dalla riflessione economica che bisogna partire. Bisogna partire dai contenuti. La filosofia morale in questa fase non è meno importante della partita doppia.

Bisogna cambiare le regole del gioco, altrimenti quand’anche la redistribuzione della ricchezza sarà migliorata in forza dell’emergenza e della paura, presto tornerà tutto come e peggio di prima.

Occorre rendersi conto che la Provvidenza in questo mondo siamo noi. Nessun altro che noi. La “mano invisibile” che secondo Adam Smith dovrebbe volgere l’avidità individuale in benessere collettivo è soltanto un’invenzione per fare dormire sonni tranquilli a chi persegue solo e soltanto il profitto.

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La superstizione non dovrebbe rientrare nelle teorie scientifiche. E a chi mi obietterà che la Provvidenza è fede e non superstizione, vorrei dire che filosoficamente l’unica differenza tra le due è l’impossibilità della prima di volgere le cose al male. Dal momento che la suddetta “mano invisibile” spesso lo fa, se essa è qualcosa in grado di determinare il fato dovremo ammettere che si tratta di una profezia autoavverantesi: nulla più. E di una profezia che se proprio non vogliamo definire malevola dovremo almeno ammettere totalmente disgiunta da qualunque valenza morale.

Preferisco anch’io la Provvidenza. Ma lasciamola lì. Tanto c’è: non è vero? Sta operando: non è così? Facciamo quell’infinitesimale nulla che possiamo con la nostra illuministica Ragione. E dunque smettiamola di fingere di credere che arricchendo noi stessi arricchiremo il prossimo. L’eterogenesi dei fini è già un concetto un po’ bislacco, quando poi sposa la convenienza morale diventa indistinguibile dal più bieco opportunismo.

Una nota locale, perdonatemi. Milanese, per l’esattezza. Ma devo riportare ora questo fatto grave.

Sono passato per caso ier l’altro davanti all’Istituto ciechi di via Vivaio. Li ho visti sul cancello, i bambini ciechi. Un colpo al cuore. The blind girl di Millais. Si tenevano per mano, erano due, benvestiti, bencurati. Tutto bene, a parte gli occhi: inservibili. Si sorridevano.

Apprendo oggi che l’anno prossimo forse non andranno a scuola, perché Regione e Città Metropolitana hanno detto che le loro «attività scolastiche risultano prive di copertura finanziaria».

Sono sicuro che gli stessi che non trovano la copertura finanziaria per l’istruzione dei bambini ciechi si saranno detti scandalizzati per la distruzione delle statue di Hatra.

Sono bambini. Sono vivi, carne e sangue. Hanno un cuore. Piccolo. Come ogni altra cosa che hanno, a parte la malriposta fiducia in noi adulti.

Qualunque cosa possiate dire per giustificarvi a riguardo – decisori delle Istituzioni preposte all’erogazione di questi fondi – si scontrerà con il fatto che sono bambini. Avete bambini? E una volta, anche una sola volta, li avete guardati negli occhi?

A presto.

Edoardo Varini

(26/05/2015)

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